[WHFB] Cronache della Fine dei Tempi

Discussioni su Warhammer Fantasy Battles o Age of Sigmar
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Baldovino I
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Magnius wrote:Comunque.....dite quel che volete..... ma VLAD VON CARSTEIN è il PIU' FIGO DI TUTTI...... altro che Sigmar!!!!

P.S. attendiamo con ansia la "ormai" fine dei tempi......
È anche il mio preferito, a dirla tutta...
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Baldovino I
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Baldovino I wrote: Piccola anticipazione del prossimo episodio... il titolo...
Episodio 61: l'ultimo dio a calcare questa terra.
Buona attesa...
Avevo dimenticato la consueta immagine di accompagnamento... se ancora non si fosse capito di chi parliamo...
http://www.games-workshop.com/resources ... ZI/2xl.jpg
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Ragazzi, scusate per la prolungata attesa, ma c'è una cosa molto fastidiosa che si chiama lavoro che mi impedisce di andare avanti (in periodi di vacanza avevo preparato tutte le "puntate" che ho pubblicato finora, ma ora sono bloccato a metà dell'ep. 61)... abbiate fede...
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by reVenAnt »

Baldovino I wrote:Ragazzi, scusate per la prolungata attesa, ma c'è una cosa molto fastidiosa che si chiama lavoro che mi impedisce di andare avanti (in periodi di vacanza avevo preparato tutte le "puntate" che ho pubblicato finora, ma ora sono bloccato a metà dell'ep. 61)... abbiate fede...
Come ti capisco Baldovino...piena solidarietà!!
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zpakka
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by zpakka »

Pazienza quanta ne vuoi... ma fede... direi proprio no... :)
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Baldovino I
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Oggi è uno di quei giorni in cui mi sento che fede e/o pazienza potrebbero essere ricompensate... ;)

A più tardi... :hai:
Last edited by Baldovino I on 18 Sep 2015, 13:04, edited 1 time in total.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Autunno 2528 (8a parte) - ep. 61
Middenheim – L’ultimo dio a calcare questa terra


Attratti dal bagliore di vampe infuocate che intravedono sull'Ulricsmund, l’imperatore e Tyrion guidano le loro schiere all’attacco. Nulla riesce a resistere all’avanzata di uomini ed elfi, con Grinfiamorte ed i draghi di Caledor che aprono la via e la luce purificatrice di Tyrion che tiene a bada i demoni in agguato.

Quando raggiungono la spianata ai piedi del Tempio di Ulric, i due intuiscono la ragione del fuoco che avevano intravisto. Si tratta di Caradryan e della sua armata fiammeggiante che cercano di respingere gli assalti dei nemici. L’assalto delle tre schiere riunite diventa intenibile per i seguaci degli dei oscuri che, sorpresi dalla furia dei mortali finalmente capaci di vendicarsi di anni di orrori subiti, e martoriati dalla potenza degli Incarnati, vanno in rotta. La fuga viene interrotta solo superato il crinale dove sorge ciò che resta dell’edificio sacro, quando una congrega di stregoni crea un muro di fuoco warp per arrestare l’avanzata del nemico.

Mentre Tyrion e Caradryan cercano di venire a capo di questo problema, consapevoli che il tempo gioca a loro sfavore, un altro nemico si avvicina, preceduto da una schiera di bestie latranti e di guerrieri in preda ad una cieca furia omicida. Comprendendo che schierare una linea difensiva contro un tale assalto sarebbe controproducente, l’imperatore ordina una contro-carica contro i nuovi assalitori e si lancia in testa alla propria linea di cavalieri puntando il leader di questa nuova orda di seguaci del Chaos: il demone Ka’Bandha. Vedendo la sua preda finalmente farsi incontro, l’Assetato di Sangue ruggisce trionfante e si leva in volo per attaccare Grinfiamorte ed il suo cavaliere.

Prima che lo possa raggiungere, si ritrova avviluppato nel fuoco di Caradryan e della sua fenice. Ad ogni passaggio, l’elfo sferra potenti colpi con la sua alabarda, ma, sebbene vadano tutti a segno, non sembrano indebolire il mostro né tantomeno le fiamme sembrano affievolirne l’impeto.

Ci vuole ben altro per fermare il demone, nato dalle fiamme stesse! Scegliendo perfettamente il tempo, Ka’Bandha lancia il suo flagello del sangue (il martello collegato ad una lunga catena) che va ad avvilupparsi intorno al collo della fenice che, nonostante tutti i suoi sforzi non riesce a liberarsi. Anzi, l’Assetato di Sangue, avvolgendo la catena intorno alla sua mano, attira la bestia magica sempre più vicino a sé, finché riesce ad infilzare i propri artigli nel suo collo uccidendola. Caradryan, furioso per lo scempio fatto della sua fenice, balza fuori dalla sella e cala un formidabile fendente sul cranio del mostro, che, per la prima volta, urla per il dolore causato dal colpo. Istintivamente, quasi a scacciare il dolore, il mostro colpisce l’eroe elfo scagliandolo a terra. La caduta causa la frattura delle gambe del comandante della guardia della fenice, che non può far altro che rotolare sul dorso e vedere il mostro farglisi incontro con la maschera contorta in un’espressione di trionfo.

Prima che Ka’Bandha schiacci Caradryan sotto il suo zoccolo, questi riesce a proferire un’unica parola: “fuoco”! Le fiamme avviluppano il demone, proprio nel momento in cui Grinfiamorte e l’imperatore si scagliano su di lui per vendicare la morte del loro compagno. Nonostante gli artigli del grifone ed i fendenti della zanna runica, l’Assetato di Sangue non mostra segni di cedimento e colpisce la cavalcatura dell’Imperatore violentemente al cranio. Grinfiamorte frana a terra in prossimità del tempio di Ulric, mentre il condottiero degli uomini viene sbalzato fuori dalla sella e l’urto del colpo lo fa volare fino alle vetrate dell'edificio sacro e, dopo averle infrante, all’interno della struttura.
Ka’Bandha si avventa allora su Grinfiamorte, pronto a sferrare un colpo con la sua ascia bipenne. Il colpo viene arrestato da uno scudo di luce.

Tyrion si avventa sul demone e lo costringe ad allontanarsi dalla sua vittima designata. Il duello tra mostro ed eroe si rivela magnifico, ma nonostante la destrezza e la forza magica del principe elfo, Ka’Bandha si rivela un avversario troppo coriaceo per essere sconfitto da un’unica Incarnazione dei venti di magia.

Durante questo scontro, le sorti di uomini ed elfi impegnati a combattere sull’Ulricsmund iniziano a prendere una cattiva piega. I primi hanno visto il loro imperatore scomparire all’interno del Tempio di Ulric e, pensandolo morto, perdono animo; i secondi, con la morte di Caradryan, non sono più benedetti dalla magia del fuoco ed anche i loro spiriti iniziano a raffreddarsi. La schiera di Tyrion è l’unica che sembra non rallentare la propria azione.

Improvvisamente, da sud, le urla da guerra degli orchi si fanno assordanti, annunciando l'arrivo della waaagh di Grimgor che si lancia contro gli Skaramor e gli altri seguaci del demone di Khorne, seguiti da vicino dai sopravvissuti dell’esercito di Malekith.

Da nord-ovest convergono sull’Ulricsmund anche Gelt ed Alarielle che, con il cuore pesante per i sacrifici dei loro alleati, Durthu, Hammerson e Vlad, hanno evitato ogni inutile confronto sul percorso per raggiungere lo scavo al centro della città.

Tyrion, nonostante tutto il suo orgoglio, è costretto a riconoscere a se stesso di aver trovato un avversario che non può sconfiggere. Finalmente, dopo aver schivato, grazie alla rapidità di Malhandir, una serie di colpi formidabili del demone, trova un’apertura ed il colpo della sua gloriosa spada riesce a ferire il suo nemico. Neanche questo, però, sembra fermarlo ed anzi Ka’Bandha, furioso per il colpo ricevuto, abbatte la sua ascia sull’eroe elfo con forza inusitata. Tyrion solleva la sua formidabile spada, Zanna del Sole, a parare il colpo. L’impatto è di una violenza inaudita: la spada magica ha la meglio sull’ascia che si spezza e perde una delle due penne, ma il principe di Cothique viene sbalzato da cavallo. Ka’Bandha ruggisce il suo trionfo e, sollevando la sua zampa, si prepara ad infliggere all’elfo la medesima sorte spettata a Caradryan.

Un’oscurità improvvisa piomba sul campo di battaglia ed un nebbia mortifera lo attraversa, reclamando la vita di ogni combattente mortale che incontra sul suo cammino. Tyrion riesce a proteggere se stesso e Malhandir grazie ad uno scudo di luce evocato giusto in tempo. Ka’Bandha si volta a fronteggiare la nuova minaccia, dimenticando, per un momento, l’elfo. Quando la foschia oscura si dissipa, Nagash si manifesta di fronte al demone, mosso dalla volontà di provare la propria potenza piuttosto che dal desiderio di salvare l’Incarnazione della luce. Inizia così un duello sovrumano, con due combattenti che, sostanzialmente, si equivalgono. Alla forza bruta dell’uno risponde la potenza magica dell’altro, capace di riparare ogni danno infertogli.

Nell’oscurità del tempio di Ulric, risvegliato dagli ululati sempre più vicini di mastini e bestie caotiche, l’imperatore cerca un nascondiglio grazie al quale sottrarsi a quei cacciatori. Entra quindi in un grande vano, al centro del quale ribolle un enorme catino che raccoglie il sangue di corpi straziati incatenati al soffitto. Muovendoisi intorno alla pozza, l’uomo intravede in fondo alla stanza un trono fatto di pelle umana ed adornato di teschi. Ma è l’arma posta come trofeo sopra lo scranno ad attrarne tutta l’attenzione. Avvicinatosi, allunga le mani ad afferrare il martello di guerra e mormora: “Bentrovato, amico mio”.

Improvvisamente, un fulmine squarcia il cielo e si abbatte sull’edificio.

Nagash, riconoscendo un antico potere che lo aveva già umiliato una volta alle porte di Altdorf, si allontana dallo scontro.

Tyrion comprende immediatamente la portata degli eventi. Quando il vento di Azyr ha colpito Karl Franz durante la battaglia di Altdorf, ne ha ricostruito il corpo, ma l’entità che lo ha abitato da quel momento era di natura divina. Sigmar, imprigionato da Tzeench all’interno del vortice magico e liberato dal suo collasso al termine del rituale di Teclis sull’Isola della Morte era tornato a guidare gli uomini nel momento più cupo.

Convinto che Sigmar fosse solo una menzogna, Archaon non aveva potuto comprendere la verità, quando lo aveva affrontato alle porte di Averheim; ed era riuscito a sottrargli la magia del cielo solo perché il dio, privato di Ghal Maraz, non era completo. Riunito con la sua arma, naturale estensione del suo braccio, egli ha recuperato appieno il suo potere.

Un secondo si abbatte sull'edificio, massacrando le bestie del Chaos al suo interno.

Nella profondità dello scavo, anche Teclis che può solo assistere inerme al rituale che si svolge di fronte a sé, avverte la forza dei fulmini in superficie e ne comprende la causa. Mentre pesanti stalattiti si staccano dal soffitto dell’enorme caverna, uccidendo sul colpo diversi stregoni intenti a condurre la cerimonia magica, l’elfo sfida nuovamente Archaon, avvertendolo che Sigmar sta per arrivare. Il Signore della Fine dei Tempi lo deride, ritenendolo talmente disperato dal riporre ogni sua ultima speme in un falso dio. Non c’è tempo per le repliche, perché, improvvisamente, l’artefatto al centro della caverna, che ha iniziato a pulsare in maniera sempre più accelerata dall’inizio del rituale, raddoppia di dimensione da un istante all’altro.

In superficie, un terzo fulmine si abbatte sui resti del tempio. Quando finalmente la polvere ed i detriti cominciano a posarsi e a dissiparsi, da essi emerge, fulgido di gloria e potenza, Sigmar in sella a Grinfiamorte e con Ghal Maraz in mano. Un fulmine scagliato dal martello colpisce in pieno petto Ka’Bandha, distruggendone l’armatura e scagliandolo indietro di decine di metri.

L’Assetato di Sangue, ripresosi da questo primo colpo, si lancia contro il dio e la sua cavalcatura, solo per ricevere in cambio altri due mirabili colpi che mettono fine alla sua esistenza terrena e ne ricacciano lo spirito nel reame del Chaos.

Con la dipartita del demone di Khorne, la battaglia per l’Ulricsmund si completa rapidamente, con gli orchi e gli ogre di Grimgor che inseguono ciò che resta dei seguaci del Chaos nella città, mentre l'Incarnazione del vento delle bestie resta con gli altri Incarnati, accompagnato dalla sua guardia del corpo ed animato dal desiderio di provare chi è il migliore tra lui ed Archaon.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Ci avviciniamo all'ultimo episodio. Se tutto va bene, intendo postarlo tra venerdì e domenica.
Titolo provvisorio: "L'ultima battaglia" (provvisorio, perché mi sembra un po' troppo banale, ma in mancanza di meglio...)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Magnius »

Direi che l'unico titolo degno di questo nome è:

Warhammer: La Fine!

Un po' sarcastico...... :lol:
Fiero (ex)giocatore di: Space Marine, Guardia Imperiale, Inquisizione, Chaos, Eldar Oscuri, Tau, Conti Vampiro, Isengard, Mordheim, BattleFeet Gothic, WH Historical e Brewhouse bash!!!

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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Magnius wrote:Direi che l'unico titolo degno di questo nome è:

Warhammer: La Fine!

Un po' sarcastico...... :lol:
sarcastico e poco "epico"... :?: ci devo pensare su ancora un po'... poi magari alLA Fine! scelgo quello... ;)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Autunno 2528 (9a parte) - ep. 62
Middenheim – Una lenta discesa verso l'inferno


Radunate le forze restanti, gli Incarnati iniziano una lenta discesa nel ventre della terra. Inizialmente, i tunnel scavati dagli skaven e dai loro schiavi rappresentano un ostacolo non indifferente soprattutto per le cavalcature mostruose, con cunicoli che consentono, a malapena, il passaggio di Seraphon e Grinfiamorte. La più provata di tutti è comunque Alarielle, il cui legame con la magia della vita fa sì che soffra enormemente il lento dilaniarsi della Trama che tiene unito il mondo a causa dell’energia corruttiva del Caos e dell’artefatto, attivato dal rituale magico dei suoi seguaci.

Passo dopo passo, metro dopo metro, gli incarnati e ciò che resta delle loro schiere avanzano nelle profondità del Fauschlag fino ad abbandonare le gallerie artificiali e ad entrare in un sistema di grotte naturali di dimensioni immense. A questo punto, però, la loro avanzata viene frenata da assalti continui di skaven che, per il timore delle conseguenze che Archaon potrebbe loro infliggere in caso di fallimento, contrariamente alla loro natura, combattono con una determinazione inusitata, costringendo gli eroi dell’ordine ad utilizzare i loro poteri senza risparmiarsi. D’altronde, gli Incarnati si rendono ben conto che il tempo inizia ad essere loro nemico e preferiscono arrivare stremati al confronto finale con Archaon piuttosto che non arrivare in tempo utile.

All’interno della grotta dove si tiene il rituale, l’artefatto continua a espandersi, mentre la sua superficie oleosa continua ad emanare demoniaci riflessi ed emettere voci di disperazione e morte. Mentre gli stregoni che eseguono il rituale cadono uno dopo l’altro, divorati dall’artefatto o dai crepacci che si aprono in continuazione nella caverna, schiacciati da pesanti stalattiti staccatesi dal soffitto o puniti dalle Lame del Caos di Archaon per aver tentato di fuggire, Teclis, nonostante senta sempre più vicini i rumori della battaglia nelle gallerie sovrastanti, si rende conto che mancano ormai pochi minuti prima che l’artefatto, raggiunta la massima estensione possibile, imploda su se stesso, trascinando con sé il Fauschlag nel Reame del Caos, distruggendo il tessuto della Trama che si dipana attraverso il mondo dalla Quercia delle Ere e provocandone, in questo modo, la distruzione totale.

Finalmente, vinta l’ultima resistenza degli uomini-ratto, le Personificazioni dei venti della magia entrano nella grotta, seguiti da un esercito di zombie, formato dagli skaven sconfitti nella discesa e dagli schiavi morti durante gli scavi delle gallerie e rianimati da Nagash.

Coperto tanto dall’oscurità e dai propri incantesimi quanto dal fatto che l’attenzione degli Incarnati è interamente focalizzata sull’obiettivo finale, Mannfred von Carstein ha seguito le schiere di uomini, elfi, orchi e non morti lungo tutta la discesa, rimuginando, passo dopo passo, sulle ultime parole di Vlad e determinato, finalmente, a scegliere un campo una volta per tutte.

Archaon, diviso tra la delusione del fallimento dei suoi servi ed il compiacimento che lo scontro imminente risveglia nel suo animo di guerriero, prende posizione tra i ranghi delle sue Lame del Chaos.

La Fine di ogni cosa non sarebbe stata annunciata dalle stanche litanie degli stregoni, ma dal clamore di un’ultima gloriosa battaglia.

Mentre sta per ordinare l’attacco, la superficie dell’artefatto si apre, rivelando un portale con il regno del Caos dal quale penetrano nella grotta le schiere demoniache degli dei oscuri, per nulla intenzionati a vedere i propri piani rovinati nel momento del loro trionfo.
Last edited by Baldovino I on 8 Oct 2015, 10:42, edited 1 time in total.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Autunno 2528 (10a parte) - ep. 63
Middenheim – L’ultima battaglia


Seppur deluso da questa ennesima interferenza divina, Archaon, non potendo rifiutare il dono delle divinità del Chaos, lascia che i nuovi arrivati scatenino la loro furia demoniaca sui suoi avversari. I primi a rispondere sono gli Immortali di Grimgor che si lanciano all’attacco, aprendo la battaglia decisiva per le sorti del mondo.

Le demonette di Slaanesh superano rapidamente le schiere degli altri dei grazie alla loro sovrannaturale velocità. La demoniaca agilità di cui sono dotate permette loro di sferrare il primo colpo, … ma non l’ultimo. La forza bruta degli orchi ha la meglio, mentre, con un balzo formidabile, Grimgor in persona si occupa di eliminare la Custode dei Segreti che guida la schiera del principe oscuro.

Prima che l’onda demoniaca avvolga gli orchi, Sigmar guida ciò che resta della Reiksguard nella scia dei pelleverde, mentre Tyrion e Malekith coprono, rispettivamente il fianco destro e sinistro, il primo alle prese con le coorti di Khorne ed il secondo con quelle di Tzeench. Segue la schiera di Caradryan, guidata da Gelt ed Alarielle. Se la regina elfica avanza a stento, dilaniata dalle ferite che la forza disgregatrice dell’artefatto provoca nella Trama, Gelt, in particolare, combatte con una determinazione mai conosciuta prima, ispirato dal convincimento di non aver dovuto attraversare l’inferno della negromanzia prima di poter tornare alla luce per dover assistere alla fine del proprio mondo. Di tutti gli Incarnati è quello che più fermamente crede nelle possibilità di vittoria ed ogni incantesimo che lancia semina la distruzione nei ranghi delle schiere demoniache.

Una presenza opprimente, non dissimile da quella dell’artefatto, chiude la schiera degli Incarnati. Nagash guida le sue moltitudini di zombie e rianima immediatamente coloro che vengono abbattuti dai demoni di Nurgle. Un po’ alla volta, la forza del numero inizia a prendere il sopravvento.

Le fiamme arcane della magia di Tzeench si rivelano fatali per la schiera del Grande Tessitore; dove c’è luce, c’è ombra ed attraverso essa, Malekith, il padrone del vento di Ulgu, può muovere a piacimento i propri seguaci cogliendo di sorpresa i nemici; il Re dell’Eternità, però, non si nasconde ed affronta un Signore del Mutamento apertamente in uno scontro di alta magia. La luce di Tyrion si abbatte sui divoratori di Khorne, mentre gli Immortali di Grimgor continuano a seminare una scia di distruzione ovunque passino.

Il suolo, intanto, continua a tremare e nuovi crepacci, sempre più profondi si aprono all’interno della grotta, ingoiando indifferentemente demoni e mortali. Tyrion stesso si salva a malapena grazie all’agilità di Malhandir che, però, saltando oltre una fenditura rimane ferito ad una zampa.

Un’improvvisa frattura si apre nella sfera al centro della caverna e Teclis comprende che non c’è più tempo.

Archaon intuisce che il pericolo principale si sta materlalizzando al centro del campo di battaglia, dove l’avanzata di Grimgor e dell’Imperatore sembra inarrestablie, nonostante la palese inferiorità numerica. Sorpreso dall’efficacia degli orchi in particolare, ordina alla sua guardia del corpo di caricare i pelleverde. Entrambi i campioni abbattono i guerrieri del campo avverso senza difficoltà, finché il Signore della Fine dei Tempi, incrociato lo sguardo del capoguerra, ne accetta la sfida lanciando Dorghar al galoppo verso il suo nemico. Mentre cala la Sterminatrice di Re per staccare la testa di Grimgor, viene sorpreso dalla rapidità dell’orco che, girando su se stesso in senso antiorario e nonostante la spada del Prescelto degli dei oscuri apra comunque una nuova ferita sul suo volto, sferra un formidabile colpo con la sua ascia sullo scudo di Archaon, talmente violento da sbalzarlo dalla sella. Prima che questi possa rialzarsi da terra, si scaglia su di lui, ma l’irruenza lo porta ad ignorare la lama del nemico che apre una nuova ferita sul suo petto. Approfittando della sorpresa causata, Archaon balza in piedi, pronto ad incalzare l’orco. L’Incarnazione del vento di Ghur si riprende rapidamente ed i due campioni s scambiano formidabili colpi a cui rispondono altrettante mirabili parate. Bloccati gli ennesimi fendenti, i due avversari si ritrovano quasi abbracciati e talmente vicini che Arhaon può sentire distintamente il rancido fetore dell’alito dell’orco. Grimgor, per uscire dall’impasse, colpisce l’elmo del campione del Chaos con una testata violentissima.

La vista si oscura improvvisamente e, passando il proprio guanto sopra la visiera, Archaon si rende conto che l’Occhio di Sheerian non è più. Per la prima volta, teme di poter conoscere l’onta della sconfitta, per di più per mano di un bruto quale il pelleverde. Seppur riottoso, allora, annulla il sortilegio che tiene incatenato alla propria spada il demone U’zuhl, scatenandone la violenza. Grimgor si rende immediatamente conto che qualcosa è cambiato: il suo avversario, già incredibilmente agile e potente fino a quel momento, diventa ancora più veloce. E nonostante tutto, l’orco non arretra di un passo. Per sei volte le lame dei due guerrieri si scontrano, finché la zpakka magica di Grimgor si spezza. L’orco non vuole saperne di darsi per vinto e continua a colpire il suo avversario con il manico, finché anch’esso va in frantumi. Incapace di ammettere la sconfitta, si lancia allora a mani nude contro Archaon nel tentativo di strozzarlo. Con un colpo deciso, la Sterminatrice di Re stacca la testa dal collo dell’orco.

Mentre il corpo esanime del pelleverde cade al suolo, lo spirito di Ghur viene assorbito dalla sfera, la cui pulsazione diventa ancora più violenta. La guardia del corpo di Grimgor, benché spogliata del potere della magia delle bestie, si getta con ancor più foga contro le Lame del Caos. Uno dopo l’altro, gli orchi neri iniziano a soccombere al nemico, ma non senza infliggere agli uomini di Archaon perdite pesantissime.

Lo scontro tra Malekith ed il Signore del Mutamento, intanto, è terminato, come dimostra il corpo dilaniato del demone. Se il re degli Elfi è uscito illeso dallo scontro, lo stesso non si può dire per il suo drago che è rimasto gravemente ferito. Malekith scorge Teclis incatenato al muro della grotta e, chiedendo a Seraphon un ultimo sforzo, lo raggiunge. I demoni di Tzeench tempestano il drago con le loro fiamme Tzeenchiane e lo stregone che detiene il bastone e la spada di Teclis abbandona il rituale e infligge al drago il colpo di grazia. Anche nella morte il mostro riesce a servire il suo padrone, perché crollando al suolo schiaccia il mago nemico unitamente all’ultima dozzina di stregoni intenti nell’esecuzione del rituale. Malekith cade proprio di fronte alla sfera e ne sperimenta, da vicino, una nuova potente pulsazione. Allontanandosi di gran fretta, raccoglie l’equipaggiamento del nipote e lo libera.

Mentre gli ultimi orchi neri vengono inesorabilmente abbattuti dai guerrieri del nord che li pressano da ogni lato, Sigmar, rendendosi conto che il nemico non sarà mai più vulnerabile come in questo momento, chiama a sé la forza del fulmine per eliminare i sanguinari che lo circondano ed approfittare del varco per lanciare Grinfiamorte contro le Lame del Caos. Ghal Maraz si abbatte come un flagello sull’improvvisato muro di scudi e lo manda in pieno scompiglio. Proprio quando sembra che i guerrieri di Archaon riescano a ritrovare un po’ di organizzazione, prima che riescano a chiudere l’accerchiamento del dio degli uomini, la Reiksguard, guidata da Gelt e Alarielle, si abbatte su di loro. La Regina Eterna, per quanto indebolita, cerca di curare quanti più feriti possibile, mentre Teclis, finalmente in grado di liberare la rabbia e frustrazione accumulate durante la cattività, scaglia potenti incantesimi distruttivi, amplificati dai venti della magia. Anche Tyrion, pur rallentato dalla ferita subita da Malhandir converge con i suoi elfi sul lato nord delle Lame del Caos. Nagash, dal canto suo, spende la sua potenza magica per mantenere pressoché intatto il muro di zombie che impedisce ai demoni di accerchiare l’avanguardia degli Incarnati.

Nonostante tutti questi sforzi, la carica di Sigmar giunge ad uno stallo e un po’ alla volta le Lame del Caos iniziano a riguadagnare terreno e mietere vittime, mostrandosi degni della propria reputazione.
Archaon si muove ovunque la ressa sia più intensa, cambiando inequivocabilmente l’inerzia dello scontro. Non ha ancora avuto l’opportunità di incatenare nuovamente U’zuhl all’acciaio della propria spada e la forza e la velocità del demone sono ancora sue. Come contrappeso, però, ogni colpo che infligge, rappresenta uno scontro di volontà, perché il demone non vuole unicamente liberarsi, ma prendere anche il controllo di colui che è stato fin qui il suo padrone. Il Prescelto, però, si rifiuta di soccombere ad U’zuhl, mentre ogni colpo che mena lo avvicina sempre di più all’imperatore.
Mentre l’artefatto pulsa e si espande ancora una volta, con linee simili ad una ragnatela che ne increspano la superficie, le due schiere restano bloccate in uno scontro fatale. Gli ultimi uomini della Reiksguard periscono, seguiti subito dopo dagli ultimi tre elfi uccisi dalla Sterminatrice di Re; anche le Lame del Caos soccombono alla potenza di Ghal Maraz.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Autunno 2528 (11a parte) - ep. 64
Middenheim – L’ultimo duello


Convinto di poter sconfiggere ancora una volta l’Imperatore, come già accaduto sulle strade di Averheim, Archaon avanza, determinato a trionfare sul proprio avversario definitivamente. Se in quell’occasione Sigmar gli era stato inferiore, ora, riunito al suo martello e alla magia di Azyr, la sua forza equivale quella del campione del Caos, il cui unico vantaggio risiede nella forza di U’zuhl. Dopo alcuni colpi di studio, i due eroi e le rispettive cavalcature si affrontano senza riserve.

Sigmar scaglia colpi formidabili, finché Archaon si sposta lungo la sella, di modo che l’ennesimo traiettoria di Ghal Maraz, abbattendosi sul suo scudo, scivoli via, così da offrirgli la desiderata apertura. Accompagnata da un grido di trionfo, la Sterminatrice di Re si conficca nell’armatura dell’Imperatore fracassandone le costole, mentre Sigmar urla al cielo per il dolore.

E, come in risposta al grido di aiuto, dalla mano protesa in avanti il fulmine si abbatte su Archaon, colpendolo per tre volte al torso e la testa. Il Signore della Fine dei Tempi, ustionato in più parti, crolla sulla sella, mentre la sua lama si libera dalla carne dell’Imperatore ed il sangue divino ne arrossa l’armatura.

Il Campione del Caos è deciso a capitalizzare il vantaggio, ma Grinfiamorte si scaglia su di lui, concedendo al suo cavaliere un momento di respiro. Quanto basta, perché Sigmar, brandendo il martello a due mani, sferri un nuovo colpo sul petto del nemico. Stringendo i denti per non soccombere al dolore, Archaon cala nuovamente un formidabile fendente, questa volta indirizzato al grifone che, colpito a morte, collassa al suolo, scagliando il dio degli uomini su una pila di elfi morti.

Mentre Sigmar si rialza barcollando, la sfera pulsa nuovamente. Un rumore selvaggio si leva dale profondità ed il suolo della caverna trema e si frantuma, aprendo un enorme crepaccio proprio ai piedi del dio ed inghiottendo negli abissi i corpi che ne avevano attutito la caduta.
Alle sue spalle, Archaon abbassa la spada ed ordina alla sua cavalcatura demoniaca di caricare. Sigmar si volta stancamente verso il nemico, il martello pesante nella sua mano e la presa scivolosa a causa del sangue. Con lo sguardo contempla la caverna, abbracciando in uno sguardo il sacrificio di tutti coloro che hanno dato la propria vita per portarlo a questo istante; e questa consapevolezza lo riempie di forza nuova. Accompagnato da un grido potente, un formidabile colpo di Ghal Maraz si abbatte sul cranio di Dorghar, uccidendolo sul colpo, mentre il fendente di Archaon, sbalzato di sella, sibila inutilmente nell’aria ed il campione del Caos cade rovinosamente a terra.
Ferito l’uno, ustionato ed ammaccato l’altro, i due eroi si ergono nonostante tutto per l’assalto finale. Archaon si rivela ancora il più veloce dei due e la Sterminatrice di Re morde più volte la carne del suo nemico; ma Ghal Maraz è l’arma più potente. Il duello si prolunga lungo il crepaccio della grotta ed il baratro sottostante. Alla fine, vinto dalla stanchezza, Sigmar lascia scivolare il martello dalle sue mani.

Archaon assapora finalmente il trionfo ed irride il suo avversario, manifestandogli la convinzione espressa da Teclis che fosse un dio. Contrariamente alle sue attese, l’Imperatore continua a mostrare un’inspiegabile sicurezza e gli rinfaccia la scelta compiuta secoli prima, voltando le spalle alla luce ed abbracciando la promessa di potere degli dei oscuri, scelta che ora avrebbe determinato la sua sconfitta. Infastidito da tale imperturbabile sicurezza, il Signore della Fine dei Tempi lo colpisce con lo scudo sul volto, ma, pur vacillando, il suo nemico si erge fiero, ancora una volta, evocando un’antica profezia:

Un campione della luce si ergerà solo contro il Re dai Tre Occhi. Non possiederà altra arma che la sua volontà e pertanto la sua scintilla divamperà in fiamma potente”.

Stanco di tanto blaterare, Archaon si scaglia sull’avversario, deciso a spegnere nel sangue quel fastidioso rumore. Mentre la Sterminatrice di Re sibila la sua traiettoria mortale, Sigmar solleva un pugno serrato, levando due dita nel segno della cometa a due code. Poi le abbassa e slancia la mano a fendere l’aria. Un fulmine balena dal pugno del dio, colpendo la lama demoniaca. Non si tratta di una esplosione momentanea, come quelle inflitte al suo avversario in precedenza, ma un continuo fluire di energia. Archaon resta paralizzato, incapace di reagire, mentre Sigmar riversa tutta la forza restante in quell’impulso distruttivo.

Con un improvviso stridore, la Sterminatrice di Re esplode ed i frammenti si conficcano nell’armatura del Prescelto degli dei oscuri, mentre lo spirito di U’zuhl viene finalmente liberato e scagliato nel Reame del Caos. Come svuotato di ogni forza, Archaon si curva su stesso; senza dargli possibilità di riprendersi, Sigmar lo colpisce una prima volta con i propri pugni uniti, costringendolo ad arretrare di un passo. Al secondo colpo, Archaon è costretto ad indietreggiare ancora, ma stavolta il suo piede non trova sostegno, ma solo il vuoto del baratro.
Il Campione del Caos protende le mani verso l’alto, aggrappandosi ad una roccia sporgente lungo la parete del crepaccio. Quando questa si sfalda, Archaon il Prescelto, Signore della Fine dei Tempi, sprofonda nell’oscurità.
Last edited by Baldovino I on 15 Oct 2015, 20:51, edited 1 time in total.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Autunno 2528 (12a parte) – 65° e penultimo episodio
Middenheim – L’ultimo tradimento


Mentre Archaon scompare alla vista, la superficie della sfera va in frantumi ed il globo implode su se stesso, lasciando al suo posto un crepaccio vorticoso di energie oscure. Correnti fortissime si sprigionano all’interno della caverna, spingendo nel precipizio i mortali sopravvissuti. Ancor peggiore è la sorte che spetta ai demoni, la cui pelle si liquefa come cera sciolta e che, goccia dopo goccia, vengono risucchiati dai venti, trascinati nel terrificante reame dal quale erano provenuti attraverso il baratro appena creatosi.

Sebbene il crepaccio copra a malapena la metà della dimensione della sfera che lo ha generato, inizia a crescere ed inghiottire inesorabilmente il pavimento della caverna ed i suoi occupanti, in maniera quasi ritmica e non seguendo le pulsazioni anarchiche che avevano caratterizzato l’accrescimento del globo in cui l'artefatto si era trasformato.

Le scosse telluriche precedenti sono ora sostituite da un inquietante brontolio, la cui intensità cresce continuamente, mentre il pavimento si increspa come acqua in un vortice dai colori cangianti e le pietre tutte intorno assumono i contorni di volti ghignanti. Ovunque, all’interno della grotta, le leggi della natura cedono il passo alla grezza materia caotica che penetra nel mondo dei mortali.
Il Prescelto è stato sconfitto e la sua armata dispersa, a costo del sacrificio di tutti i mortali che li hanno combattuti e di due delle Incarnazioni dei venti. I sei sopravvissuti, ormai padroni del campo di battaglia, si avvicinano al baratro, consapevoli che la vittoria ottenuta a caro prezzo non significa ancora la salvezza del mondo.

Alarielle, grazie alla sua interconnessione con la Trama, avverte la deformazione in atto, ancora leggera come si trattasse di una piccola crepa in una diga che lascia fuoriuscire solo un rivolo di acqua e che presto cederà alla pressione montante per travolgere ogni cosa.

E così, chiamando a raccolta ciò che è rimasto dei loro poteri, gli Incarnati si avvicinano all’abisso per chiudere la falla.

Fossero stati in otto, si sarebbe già trattato di uno sforzo sovrumano. Con la morte di Caradryan e Grimgor, è uno sforzo quasi impossibile, a causa della forza pura con cui i venti di magia fuoriescono dal reame del Caos. Ciascuno degli Incarnati è assolutamente in grado di controllare il proprio vento e, facendolo ripiegare su se stesso, arginare l’espandersi del Caos nel mondo dei mortali; ma i due venti che soffiano liberi e tempestosi, interferiscono continuamente con il rituale, ostacolandolo.

Ogni sforzo sarebbe vano senza l’intervento di Teclis. Conficcando il proprio bastone nel suolo, il mago tenta di imprigionare i due venti anarchici, pur sapendo di condannarsi a morte certa.

Nonostante la sua maestria e conoscenza della magia, le energie sprigionate sono troppo forti e la sua pelle inizia a liquefarsi e la sua mente a scivolare nella pazzia. Chiamando a raccolta tutte le sue facoltà, animato più di ogni altro dal desiderio di non veder svanire nel nulla tutti i sacrifici ed i tradimenti perpetrati, Teclis riesce a far calmare i venti di Ghur ed Aqshy, permettendo agli Incarnati di riprendere il proprio rituale indisturbati.

Prima quasi impercettibilmente, poi in maniera sempre più evidente, il crepaccio inizia a riassorbirsi, mentre il potere che lo alimenta svanisce.

Il destino del mondo è appeso ancora ad un filo e alla capacità di Teclis di mantenere questo filo intatto. La presenza di un altro mago nella grotta garantirebbe il successo finale sulle divinità oscure, ma, a conoscenza degli Incarnati non vi è nessun altro mago all’interno della caverna.

Non visto dagli Incarnati e da Teclis, evitando senza problemi la guardia degli zombie al servizio di Nagash, Mannfred si avvicina alla soglia del baratro. Sente distintamente nella sua testa le voci degli dei del Caos che gli sussurrano come dovevano aver fatto con Kemmler, e con tutti quelli al servizio del Grande Negromante che avevano cambiato campo. Ad ogni passo che lo avvicina al crepaccio, a dire la verità, è sempre meno sicuro che si tratti delle voci delle divinità oscuri e non del suo orgoglio umiliato a più riprese da quando Nagash ha fatto il suo ritorno.

Le parole di Vlad lo avevano convinto a combattere contro le forze del Caos, ma ora, giunto in quella sala sotterranea, non sa più se sia meglio essere il braccio destro dell’anarchia, piuttosto che servire per il resto dell’eternità un padrone che richiede solo cieca obbedienza. Giunto in prossimità del baratro, Mannfred ha finalmente preso una decisione.

Colpisce alle spalle dall’oscurità senza preavviso, trafiggendo il cuore di Gelt, uccidendolo sul colpo e con lui ogni speranza di contenere la ferita aperta nella superficie della terra.

Un fascio di luce dorata fuoriesce dal corpo del mago e viene voracemente divorata dall'abisso. Anche Chamon inizia a sferzare liberamente la sala, interrompendo il rituale degli Incarnati. Teclis cerca di controllarlo, come ha fatto con gli altri due venti, ma lo sforzo diventa insopportabile e viene annientato dalla potenza delle energie entropiche.

Con uno stridio assordante ed un’accecante luce nero-oleastra, il crepaccio si libera del potere degli Incarnati, che percepiscono il precipitare degli eventi un momento prima che sia troppo tardi e si proteggono gli occhi. Mannfred non intuisce nulla di tutto questo e viene accecato dall’ondata di energia caotica.
Last edited by Baldovino I on 28 Oct 2015, 18:45, edited 1 time in total.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Autunno 2528 (13a parte) - ep. 66 - ultimo episodio
Il mondo che fu – – La Fine di ogni cosa


Mentre il vampiro barcolla avanti e indietro per la caverna, il crepaccio, il cui appetito è stato appena solleticato dal sapere del metallo strappato a Gelt, inizia a cibarsi della magia degli altri incarnati, strappando loro il controllo dei rispettivi venti. Privati di cotanto potere, uno ad uno gli Incarnati si accasciano al suolo come marionette cui siano stati recisi improvvisamente i fili di sostegno. L’agonia è terrificante per tutti, in particolar modo per Nagash che percepisce il proprio essere, non più sorretto dalla magia, iniziare a dissolversi nel nulla in pochi istanti. L’unica a ricavarne un beneficio fisico è Alarielle, il cui legame dipende dal controllo sulla magia della vita. Come gli altri, però, anch’ella soffre psicologicamente, avvertendo pienamente l’assenza del potere.

Il primo a riprendersi è Tyrion, legato al vento di Hysh per un periodo di tempo molto inferiore rispetto agli altri. Oppresso dal dolore per la morte del fratello, si avvicina a Mannfred e lo trafigge con la propria spada, ponendo fine, una volta per tutte, all’esistenza del vampiro.

Mentre la caverna viene scossa da ulteriori erosioni, non visto dagli eroi sopravvissuti, Archaon riemerge dal crepaccio nel quale era caduto. Il Signore della Fine dei Tempi, gridando per l’umiliazione subita, si lancia a mani nude su Sigmar. La colluttazione porta i due sull’orlo del baratro, nel quale scompaiono avvinghiati in un abbraccio mortale.

Massi sempre più grandi cadono dal soffitto ed uno di questi minaccia di travolgere Alarielle. Senza neanche potersi spiegare il perché della propria azione, Malekith si lancia in suo soccorso, spingendola lontana dalla frana, ma finendo con le gambe frantumate dal peso delle rocce. Mentre Alarielle giace a terra svenuta, per aver sbattuto il capo nella caduta, il Re elfo non riesce a trattenere una sardonica risata, al pensiero che, veramente, la Fine di ogni cosa venga segnata da un atto di puro altruismo disinteressato del fu Re Stregone degli elfi oscuri.

Mentre Tyrion si avvicina ad Alarielle e, toltosi il mantello, lo ripiega gentilmente sotto la sua testa, il Re dell’Eternità schernisce il nipote, chiedendo perché non venga in suo soccorso. Tyrion, con freddezza, gli chiede se vuole che egli ponga fine alle sue sofferenze. Quando Alarielle riprende conoscenza, Malekith li invita ad abbandonare la caverna e mettersi in salvo.

Consci che ormai non esiste salvezza per nessuno degli abitanti del mondo che fu, Tyrion e la Regina Eterna si avvicinano all’orlo del baratro e ne contemplano l’abisso. Acquisiscono così la piena e amara consapevolezza che il corso degli eventi avrebbe potuto essere cambiato se Lileath avesse compreso che il potere dell’artefatto, debitamente utilizzato, avrebbe permesso di modellare il mondo a loro piacimento, evitando che il mondo venisse dilaniato dal reame del Caos. Ormai, però, è troppo tardi e, mentre il crepaccio avanza ai loro piedi, i due elfi affrontano la fine mano nella mano.

Malekith resta solo nella caverna, incapace di muoversi e abbandonato da un sapere magico che aveva controllato per oltre seimila anni. L’orlo dell’abisso avanza verso di lui, inesorabilmente, e quindi lo inghiotte. Intorno a lui la materia cessa di esistere, mentre le risate delle divinità oscure si fanno sempre più assordanti. Ad un tratto, Malekith, il Re dell’Eternità, non ricorda neanche più il proprio nome e viene inghiottito nell’oscurità.

Ed in questo modo il mondo dei mortali cadde nell’eterno oblio.

La vorace fenditura sorta nel cuore del dominio dell’umanità divorò la realtà.

All’inizio lentamente, ma poi con la fame di una fiamma vorace.

Destabilizzati dalla voragine creata dal regno del Caos, le grandi fenditure ai poli del pianeta polari lo dilaniarono.

Le genti del mondo osservarono la propria fine e disperarono.

Ognuno percepì una visione differente dall’altro. Alcuni videro i cieli inondarsi di fuoco, altri contemplarono un vortice di stelle ghiacciate, altri ancora tentacoli colossali e fauci mostruose sbavare l’essenza del Caos.

Forse gli dei oscuri elevarono i loro campioni all’immortalità demoniaca mentre infinite battaglie impazzavano tra le fiamme. Poco importa, perché le verità di quelle guerre senza speranza sono ormai perdute.

La Quercia delle Ere fu l’ultima ad essere inghiottita. Le driadi intonarono sconsolati peana sotto lividi cieli, mentre Athel Loren moriva. Con la sua distruzione, la Trama che legava il tempo e lo spazio si assottigliò e si estese a dismisura, finché, straziata da energie innaturali, si dissolse nel nulla.

Quel terribile atto di annullamento del creato potrebbe essersi compiuto in un istante o essersi dipanato per migliaia di anni. Gli dei oscuri non sono vincolati allo scorrere del tempo e lo lasciarono compiersi senza prestarvi più attenzione. Già stanchi per la loro vittoria, avevano distolto il proprio sguardo da cotanta distruzione e ricominciato altrove il Grande Gioco, in altri mondi ed in altri creati.

Nel fare ciò, essi non diedero conto al minuscolo granello di luce che scivolava via nell’oscurità infinita: il bagliore dell’essenza di ciò che un tempo era stato un uomo.

Attraverso la tempesta del nulla egli cadde, alla deriva per eoni, su maree invisibili.

Quindi venne una sfera scintillante, il cuore ardente di un mondo divenuto freddo come l’abisso.

Disperato, l'uomo afferrò la sfera con una presa che avrebbe frantumato le montagne. Fissò intensamente il vuoto e, dall’oscurità, il vuoto lo guardò a sua volta.

L’uomo strinse la presa, chiamando a raccolta le forze rimaste. Allungò la mano ed un miracolo prese forma.

E cosa ne sarà del domani? E le storie ancora da raccontare ed il ciclo delle stelle?

Questa fu davvero la Fine dei Tempi.
Ma fu anche un inizio.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by cultistapazzo »

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addio warhammer fantasy :hai:
Saint of Killers wrote:ci troviamo daccordo, per me il BG in un gioco e' un po' come la trama nei porno...
gianni wrote: 15 Nov 2023, 23:14 Poi c'è l'eccezione alla regola: Tutan Baldon
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

cultistapazzo wrote:Image

addio warhammer fantasy :hai:
Infatti pure "amen" ci stava bene... :cry:
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

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15000 visite! Mamma mia! :o
Evidentemente il vecchio BG ancora tira...
vabbé, vi meritate un premio... vediamo se ci riesco prima della pausa estiva (agosto)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by gianni »

Bravissimo!
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Sto giocando a: Middle-Earth SBG, Kings of War, Firefight.

Sto dipingendo: Lothlorien, Warhammer Quest (1995), Northern Alliance, Asterians.
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