[WHFB] Cronache della Fine dei Tempi

Discussioni su Warhammer Fantasy Battles o Age of Sigmar
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Baldovino I
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Inizio 2526 – Inizio 2527 (12a parte)
Karaz-a-Karak – La Runa dell’Eternità (ep. 42)


Attaccata da ogni possibile angolo, dalle profondità come in superficie, Karaz-a-Karak è come un’isola in un mare di nemici. Nei lunghi mesi di assedio, i nani avevano concesso terreno ai loro eterni nemici skaven, non senza esigere un enorme pedaggio in termini di vite.

Solo nella sala del trono, Re Thorgrim, più determinato che mai a far sì che la capitale del Karaz Ankor, il reame sotto le montagne, rimanga inespugnata, pensa alla runa cesellata nel Trono del Potere da Grungni in persona [Grungni è uno dei tre Antichi da cui la razza nanica discende - nda]. Azamar, la Runa dell’Eternità è unica nel suo genere e racchiude in sé la maestria, la tenacità e l’incrollabile determinazione del più potente degli dèi Antichi dei nani. Le leggende raccontano che quando ebbe terminato il suo lavoro, Grungni, giudice implacabile e mai contento delle proprie creazioni, contemplò Azamar con piena soddisfazione e ad essa affidò il destino del popolo nanico che sarebbe sopravvissuto fino a quando fosse esistita la Runa.

Thorgrim si alza dal trono e con passo incerto ne discende i gradini. Con difficoltà si abbassa per esaminare le decorazioni intagliate nell’oro. Non è l’età, né la fatica a dare sofferenza al Re, ma un dolore intenibile, provocatogli da una ferita subìta la settimana precedente nella battaglia alle Porte di Granito. Era stato un dannato falcione a penetrare l’Armatura di Skaldour. Il Verminlord che lo aveva brandito, coperto di un’armatura rossa, aveva pagato con la propria vita, abbattuto dall’Ascia di Grimnir. La ferita tardava a cicatrizzare, provocandogli fitte profonde ad ogni movimento. Per questo motivo aveva chiesto a tutti i presenti, inclusi i portatori del trono, di uscire dalla sala, per non mostrare la propria sofferenza di fronte ai propri sudditi.

Aveva avvertito qualcosa di differente nel Trono del Potere e voleva esaminarlo di persona. Durante la battaglia, dopo aver abbattuto il Verminlord, Thorgrim aveva avvertito qualcosa di inusuale nello scranno: per un instante ogni cosa aveva brillato, irradiata da un fulgore dorato e da allora le rune avevano continuato a farlo ed il trono stesso sembrava risplendere più del solito. Ciò che Thorgrim aveva avvertito aveva un sapore arcano, un’aura antica e potente, quasi come se una forza possente si fosse avvinghiata al Trono. In effetti, Thorgrim constata che Azamar sembra pulsare, il metallo vibrante e vivo al tocco della sua mano.

Mentre il Re contempla questa meraviglia, ode di lontano il richiamo dei corni da guerra della sua razza e lentamente risale i gradini del trono. Non lo sorprende apprendere che il più imponente assalto condotto fin qui dagli uomini-ratto sia iniziato; sono più interessanti le notizie recate dai rangers e dagli squadroni di girocotteri che annunciano la presenza dei totem del Clan Mors alla testa dell’orda nemica e del loro capoguerra, l’odiato Queek Mozzateste.

Un altro rancore da cancellare dal Libro, pensa Thorgrim, ordinando all’esercito di uscire incontro al nemico, nonostante il parere contrario degli anziani del suo popolo. Voci di protesta si levano nella sala, chiedendo prudenza, facendo appello alla potenza difensiva dei bastioni della capitale. Thorgrim li lascia sfogare inizialmente, poi si limita ad aprire il libro dei rancori e a leggere, a voce alta, i nomi delle roccaforti naniche cadute negli ultimi mesi. Poi chiede a cosa siano valse le possenti mura e l’artiglieria della sua razza se ad una ad una sono tutte state conquistate, lasciando la sola Karaz-a-Karak ad infrangersi contro i flutti di un nemico che non ha nessuna remora a sacrificare milioni di esseri della propria razza con l’unico intento di esaurire le munizioni del nemico. No, lui, l’ultimo dei Re di una razza gloriosa, non resterà ad attendere l’ultimo disperato momento per lanciarsi sul nemico. Se morte dovrà essere, avverrà nei termini da lui stabiliti: con l’ascia in mano, fianco a fianco con i suoi guerrieri più fidati.

Nel frattempo, non lontano da lì, in una delle sale sotterranee che corrono sotto il Passo della Strada Argentata, si tiene una riunione del Consiglio-Ombra dei Tredici. Verminking, accompagnato dall’ormai inseparabile Tanquol, ottiene il consenso degli altri Verminlord relativamente all’attribuzione del posto ancora vacante del Consiglio dei Tredici: spetterà a colui che recherà la testa del re nano.

All’esterno della capitale, in superficie, Queek Mozzateste contempla l’esercito che gli è stato messo a disposizione per quest’ultima impresa. È il frutto di un’alleanza tra il Clan Mors e il clan Skryre, in questo momento i due clan più potenti dell'impero degli uomini-ratto, a seguito della caduta in disgrazia dei veggenti grigi e il dissanguamento del Clan Pestilens a causa della guerra di Lustria.

A centinaia si contano le creazioni del clan degli ingegneri. A centinaia di migliaia le lame brandite da una moltitudine sconfinata di uomini-ratto. Nonostante il disprezzo con cui guarda Ikit l’Artiglio, Queek riconosce l’arguzia e la strategia che ha condotto Lord Gnawdwell, il suo capoclan, a concludere il patto con gli Skryre e ad incaricare lui, il più grande conquistatore di roccaforti naniche della storia degli skaven, di condurre l’assalto decisivo all’ultima fortezza dell’odiato nemico.

Queek è il più grande conoscitore della strategia di guerra dei nani e ritiene di poterne anticipare qualsiasi mossa. Logorerà il nemico mandando al macello orde su orde di schiavi e martellando i bastioni nanici grazie all’artiglieria degli Skryre, finché il frutto non sarà maturo per essere colto senza alcuno sforzo. E poi, nell’ultimo scontro, spiccherà la testa di Thorgrim dal collo e l’aggiungerà alla collezione di teschi impalati sul suo stendardo personale, almeno per un po’ di tempo… prima di consegnarla, secondo l’accordo tra i due clan, ad Ikit che potrà così reclamare l’ultimo scranno al Consiglio dei Tredici.

Il capoguerra dei Mors viene distratto da queste meditazioni, quando, con sua profonda sorpresa, i corni di Karaz-a-Karak risuonano, i portali si aprono e l’esercito dei nani esce incontro al suo destino (fonte: Tanquol).

(continua)
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Titoli onorifici: TUTAN BALDON (quello che porto con più orgoglio);
GRUDGEBEARER ETERNAL (conquistato sul campo di Tilea);
fu SAN BALDO DA BRUXELLES
POPE of THE OLD WORLD
SAN PAPOWSKY DI TOW

Giochi a cui sto giocando (si fa per dire, ovviamente): Kow Armada; Cursed City; Rangers of shadowdeep; WHFB; Mighty Empires; SAGA (Age of Magic e Age of Crusades)

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Kislev: arcieri kisleviti a cavallo (7); Conti vampiro: scheletri (10);
Scenici: osservatorio del teschio; Bretonnia: 12 cavalieri appiedati, 3 pellegrini del graal; Mighty Empires: 3 segnalini eserciti, 3 segnalini nave, 1 segnalini città, 4 segnalini villaggio, 3 segnalini drago

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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Inizio 2526 – Inizio 2527 (13a parte)
Karaz-a-Karak – Fiamme e polvere (ep. 43)


L’intera artiglieria di Karaz-a-Karak apre il fuoco all’unisono per coprire l’avanzata dell’esercito del re; contro di essa le macchine da guerra degli skaven nulla possono e vengono progressivamente spazzate via.

La voce tuonante di Thorgrim riecheggia nella valle, mentre legge dal Libro dei Rancori. Qualsiasi timore o indecisione potesse albergare i cuori dei nani alla vista delle moltitudini che il nemico schiera contro di loro viene dissipata da quelle parole che alimentano il loro furore come fa la legna col fuoco.

Nessun esercito nanico prima di quel giorno aveva mai portato in battaglia così tante reliquie dell’era d’oro di quella razza. Le armerie e le forge erano state svuotate e le unità erano state equipaggiate con le armature e gli armamenti più preziosi.

Di fronte a tale determinazione e prodezza marziale, le prime linee degli skaven, formate da orde di schiavi, vengono annientate nei primi istanti della battaglia. Questo è il momento in cui gli schiavi sono maggiormente pericolosi, perché schiacciati tra il nemico che avanza e le lance dei propri aguzzini alle spalle, sentendosi senza più scampo, essi reagiscono con inusitata violenza e disperazione.
Stavolta, vedendo il muro di scudi e acciaio che gli si para davanti, senza esitare, si gettano sui reggimenti alle loro spalle, per cercare rifugio nei tunnel.

Tra la confusione generata dagli schiavi in fuga e la furia dell’assalto dei nani, anche le seconde file dell’armata skaven vanno rapidamente in rotta. I nani vittoriosi calpestano indistintamente stendardi dei clan Mors e Rictus e si lanciano, senza esitazioni, sulle macchine da guerra del clan Skryre. Queek Mozzateste guarda da lontano le fasi iniziali della battaglia senza nascondere il proprio compiacimento. Vedere la disfatta del clan Skryre lo rimepie di soddisfazione, così come la consapevolezza che l’esercito dei nani si sta allontanando sempre di più dalla protezione offerta dalle mura di Karaz-a-Karak e dalla sua artiglieria.

Ikit l’Artiglio in persona guida la controcarica degli skaven, arrestando, almeno temporaneamente, la rotta dell’orda degli uomini-ratto. Di fronte alla veemenza dei Draghi di Ferro anche lui sarebbe costretto a fuggire, se non venisse salvato dall’arrivo di una squadra di Ruote del Fato che aprono varchi profondi nello schieramento dei nani.

L’arrivo delle Ruote porta Queek a rompere gli indugi e lanciarsi nella mischia alla testa delle truppe d’élite del clan Mors, tenute in riserva fino a quel momento. Il momento dell’assalto è ben scelto, perché i nani si sono spinti troppo in profondità nelle schiere skaven e Re Thorgrim e la sua guardia del corpo sono ormai separati dal grosso della propria armata. L’attacco costringe quindi l’intera avanguardia nanica sulla difensiva, con diverse formazioni assediate da ogni lato dal nemico. Mentre Queek assapora il momento del suo trionfo, le sue orecchie sensibili percepiscono qualcosa di imprevisto. Dal retro dell’orda degli uomini-ratto iniziano a levarsi gli squittii e le urla tipiche della rotta che assume via via proporzioni incontenibili.

Guidati da Brugman ed i suoi rangers, giungono infatti sul campo di battaglia anche Ungrim ed i suoi sventratori. Nessuno è in grado di arrestrarne l’avanzata e la furia. Soprattutto il Re Sventratore, ammantato di fiamme, reca distruzione e morte ovunque la sua ascia si posi. Egli ritiene di essere stato pervaso dagli spiriti degli Antenati, ma, in effetti, è Aqshy, il Vento del Fuoco, liberatosi dal vortice dei venti di magia quando Teclis lo ha disfatto, ad aver trovato in Ungrim la propria personificazione.

Queek sente che la battaglia è ormai persa e tenta un ultima mossa disperata per capovolgere le sorti dello scontro. Lancia la propria sfida a Thorgrim che accetta e scende lentamente i gradini del trono.

Il generale skaven si scaglia su di lui roteando le sue due armi, ed in particolare Sgozzanani, nella tecnica di attacco che ha portato tante morti tra le fila dei barbuti.

Non questa volta.

Mentre Sgozzanani si abbatte su Thorgrim, egli para il colpo con l’Ascia di Grimnir che manda irreparabilmente in frantumi la lama dell'uomo-ratto. Il Sommo Re prende lo skaven per la gola e lo solleva da terra, stringendo sempre più la presa finché la vita non abbandona l’odiato nemico.

Prima di risalire sul proprio trono, Thorgrim respinge anche un assalto di uno skaven assassino e poi riprende il proprio posto sullo scranno accompagnato dalle acclamazioni della Guardia Eterna.

Quando leva nuovamente lo sguardo verso la linea di battaglia, tutto quello che vede è l’orda skaven in fuga. Ogniqualvolta qualche unità cerca di chiamarsi a raccolta, le fiamme di Ungrim la riducono in cenere. La ritirata degli uomini-ratto viene anche accelerata dai continui passaggi dei girocotteri che scaricano esplosivi sulla marmaglia in fuga.

Ai nani non resta che setacciare il campo di battaglia per soccorrere i feriti, onorare i caduti e recuperare armi e armature.

Prima di rientrare, Thorgrim osserva con attenzione il Trono del Potere. Qualsiasi potere lo avesse posseduto in precedenza era svanito nel corso della battaglia. Una larga fissura attraversa la Runa dell’Eternità. La sua attenzione viene distolta dall’arrivo dei portatori del Trono che recano al suo cospetto il Re Sventratore ed i due ultimi sovrani in vita del regno dei nani rientrano insieme a Karaz-a-Karak.

In uno dei tunnel sottoterra, Ikit l’Artiglio sfoga la sua rabbia su chiunque gli capiti a tiro, rabbia acuita dal dolore causato dal tentativo di staccarsi di dosso l’armatura parzialmente fusa dalle fiamme di Ungrim e dalla frustrazione per aver visto il seggio del Consiglio dei Tredici scappargli di mano, quando era così vicino… (fonte: Tanquol)

Altrove, al sicuro, Verminking crea di fronte a Tanquol una sfera magica e gli chiede di osservarla attentamente, perché in essa vedrà il Fato e la sua ascensione compiersi. Il veggente grigio non comprende di cosa stia parlando il verminlord, finché nella sfera non appare l’immagine di un nano…

Thorgrim sta faticosamente salendo i gradini della Scalinata del Re. Ogni passo è un tormento causato dalla ferita che non si rimargina. Ogni passo è un ricordo, un nome di un nano morto nei combattimenti della giornata. È la Scalinata del Ricordo che conduce al punto più alto della fortezza di Karaz-a-Karak, sul balcone che domina tutti i picchi sottostanti ed è, perciò, denominato, la Vista del Re. Thorgrim arriva in cima ed è addolorato al pensiero di non aver ancora terminato il ricordo dei caduti, per i quali ci sarà tempo durante la discesa. L’aria è rarefatta e pungente ed il re si abbandona a qualche riflessione sull’incontro avuto con Ungrim. Non riconosce quasi più il suo vecchio amico, consumato da un fuoco e un’impazienza inattesi, posseduto da un potere che non riesce a comprendere. Il Re Sventratore ha deciso di non fermarsi a Karaz-a-Karak, ma continuare la propria strada verso l’Impero degli uomini, per prestare soccorso a Karl Franz in nome di un’antica alleanza. Thorgrim è talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorge di un’ombra che si muove furtiva sopra di lui, lungo il crinale del picco. Il Signore della Morte Snikch, il più grande degli assassini skaven si lancia sul suo obiettivo, brandendo tre lame di malapietra benedette dal verminlord Lurklox, una per mano ed una nella coda. Tutte vanno a segno.
Brevi pensieri si affollano nella mente del re, mentre crolla a terra sulle sue ginocchia: la porta alle sue spalle è aperta… ci sono così tanti rancori ancora da cancellare… la punta di quelle lame… quel codardo lo ha pugnalato alla schiena…


L’eccitazione di Tanquol è incontenibile, mentre osserva Snikch staccare la testa dal cadavere del Sommo Re dei Nani e imbrattare la porta della scalinata con delle rune arcane. Verminking spiega al suo protetto che quella testa gli verrà recapitata e con essa lui potrà reclamare il posto vacante al Consiglio e restituire ai veggenti grigi lo status che gli compete; i segni che l’assassino ha tracciato sulla porta della fortezza servono ad evocare Lurklox, grazie al cui potere sarà possibile infiltrare dei ratti notturni nel caposaldo dei nani ed aprire dall’interno le porte della fortezza, distruggendo l’ultimo baluardo della loro civiltà.

Tanquol chiede se ciò significa che, finalmente, hanno vinto. Verminking risponde che, sì, hanno vinto molto, ma la vittoria non è completa: il clan Pestilens è a pezzi, ma Vermalanx, furioso, ha sottratto persino alla sua vista Lord Skrolk; il clan Skryre è stato umiliato, ma è ancora pericoloso, mentre nessuno sa cosa stia tramando il clan Moulder all'interno della sua tana. E poi c’è il loro nuovo alleato: Archaon, il più potente di tutti. “Aspetteremo il nostro momento”, conclude Verminking, “ed un giorno tutto ci apparterrà. I figli del Ratto Cornuto erediteranno…” (fonte: ultima pagina di Tanquol).
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Primavera 2528 (1a parte)
Middenheim – La tela del fato (ep. 44)


Kairos Tessifato scruta i cieli freddi del Nordland e, attraverso essi, contempla la tela del fato del mondo dei mortali.

Gli uomini-lucertola, i custodi dei segreti degli antichi, lo hanno abbandonato per ritornare alle stelle ed il loro continente è stato distrutto, assieme alla parte più consistente delle forze del Clan Pestilens degli skaven.

Gli orgogliosi nani hanno subito un rovescio dopo l’altro, perdendo le fortezze più importanti. Ciò che resta del loro popolo, si è sigillato all'interno di fortezze sotterranee, nella speranza di resistere alla marea di nemici che li assedia da ogni lato.

I regni degli uomini sono ormai ridotti ad uno sbiadito riflesso di quella che era la loro potenza di un tempo. Gli adoratori di Slaanesh, guidati dal vanesio Sigvald, si abbandonano ai loro consueti eccessi, consumando ciò che resta del reame di Bretonnia, già messo in ginocchio dalle razzie degli uominibestia. Middenheim è stata conquistata, come il suo padrone Tzeench aveva previsto e comandato, così come le altre principali città dell’Impero, con la sola eccezione di Averheim, dove ha trovato rifugio il loro leader, Karl Franz, assieme ai rifugiati provenienti da quelle due nazioni che per tanti secoli hanno osato sfidare i disegni degli dei del Chaos.

Il mondo degli elfi è andato in rovina. Naggaroth è stata conquistata dalle forze di Khorne e la guerra civile ha decimato una razza già in declino. La ritrovata unione delle tre fazioni nella foresta di Athel Loren e sotto la guida dei sedicenti sovrani dell’Eternità non può compromettere la riuscita del piano degli dei del Chaos. Sono semmai le azioni di un singolo individuo di quella razza, evidentemente guidato da una mano ben più potente e ancora nascosta, a destare qualche preoccupazione.

Teclis è riuscito a distruggere il Grande Vortice (e con esso l'intera isola-continente Ulthuan) e a legare i venti ad alcuni eroi mortali, rendendoli immensamente potenti. Ghyran, il vento della vita, ed Ulgu, il vento dell’ombra, hanno trovato albergo nei corpi di Alarielle e Malekith, mentre Teclis ha catturato Hysh, il vento della Luce, all’interno del suo bastone magico. È evidente che sia ancora alla ricerca di un campione degno di ospitarne la forza ed in tale cerca si è spinto fino al punto di rubare la fiamma di Ulric, condannando prematuramente la città di Middenheim.

Shysh, il vento della morte, è stato strappato al Vortice dal ritorno di Nagash che con esso è divenuto una seria minaccia di cui dovrà occuparsi Nurgle.

Aqshy, il vento del fuoco, ha trovato la propria personificazione in un nano, il Re Sventratore Ungrim, la cui brama omicida e suicida al tempo stesso, lo porterà presto alla rovina.

Anche Chamon, il vento del Metallo, ha cercato riparo presso un potente campione dei nani, ma Re Thorgim non è riuscito a comprenderne il potere fino in fondo, ed Chamon ha quindi ripreso la ricerca di una degna incarnazione della propria forza.

Ghur, il vento delle bestie, è invece fuggito via verso est, talmente lontano da fuggire alla vista del demone. Scrutando in quella direzione, Kairos riesce unicamente a scorgere le fiamme e la distruzione recata dalla più grande Waaagh che il mondo abbia mai conosciuto. Guidata dal capoguerra Grimgor Pugnodiferro, consacrato dal profeta Wurrzag come l’eletto di Gork (o era Mork?), l’orda dei pelleverde ha prima travolto i regni degli Ogri, aggregando a sé le tribù più forti dopo che Grimgor ha ucciso in duello il loro Tiranno Greasus Dentedoro; poi ha messo a ferro e fuoco i regni degli Ind, il Cathay e Nippon lasciando sulla sua scia solo morte e distruzione.

E poi c’è l’ultimo vento, quello del cielo, Azyr, la più grande preoccupazione di Kairos e del suo padrone. Tzeench è preoccupato, perché la dissoluzione del Vortice lo ha privato di una delle sue prede più preziose, che in esso aveva imprigionato. Ora è libero ed il vento ha trovato rifugio in Karl Franz, la cui forza risplende come un faro nella notte.

È fondamentale che Archaon porti a compimento la sua missione prima che gli otto venti trovino ciascuno un degno ospite e che si riuniscano per combattere il Signore della Fine dei Tempi.

Insieme avrebbero il potere di fermare il disegno degli dèi oscuri. Il Prescelto, però, ha inviato i seguaci di Tzeench, guidati da Vilitch il deforme, ad assediare Averheim e sembra attendere il momento opportuno per discendere a sud e placare la propria sete di gloria reclamando la testa dell’Imperatore, senza capire che, in questo modo, rischia di compromettere i piani del suo padrone divino.

Kairos continua a scrorrere la tela per decidere quale debba essere la prossima mossa, ma l’ordito è invisibile e tutto ciò che egli riesce a scorgere è una pozza di sangue che ribolle al centro di una stanza oscura…

Il demone entra nella sala del trono al centro della quale la cavità circolare dalla quale fuoriusciva, prima della conquista della città, il riflesso della fiamma del dio Ulric è ora un pozza riempita fino all’orlo di sangue ribollente. Kairos il bicefalo affronta quasi con fare irridente Archaon, ricordandogli i propri doveri e le proprie mancanze di fronte agli dèi. Gli ricorda che il suo padrone può percepire anche i più intimi dei suoi pensieri e sente che Archaon non combatte per la loro gloria, ma per se stesso, per soddisfare la propria sete di vendetta. Il Signore della Fine dei Tempi scende dal trono e si avvicina al demone al centro della stanza e chiede se ciò rechi offesa a Tzeench, in qualche modo. Il demone replica che il suo padrone è contento di aspettare, tanto prima o poi Archaon stesso dovrà inchinarsi di fronte al Tessitore di tutti i destini. E non si tratta di una profezia, ma di qualcosa di ineluttabile, già "vista" con i propri occhi dal servitore di Tzeench. Egli può già anticipare come la lotta di Archaon finirà e le molteplici battaglie che dovrà ancora combattere, non tutte vittoriose, prima che si compia il suo destino.

Archaon risponde che tale è il destino di tutti i guerrieri, ma attende ancora una vera risposta in merito alla soddisfazione di Tzeench. Kairos inizia ad avvertire un certo disagio e risponde che il suo padrone è contento del suo operato, ma non può parlare per i suoi fratelli; aggiunge che un uomo saggio farebbe di tutto per farli… divertire.

“E divertimento avranno, allora”, risponde il guerriero estraendo con una rapidità incomprensibile anche per il demone la Sterminatrice di Re e tagliando con un colpo netto una delle due teste a forma di corvo di Tessifato. La testa recisa cade all’interno della pozza ed il sangue inizia a ribollere ancor più violentemente.

Il gracchio assordante emesso dalla testa superstite del demone tradisce la sua rabbia ed il suo dolore, mentre si prepara a lanciare un devastante incantesimo sul suo aggressore. Non ne ha il tempo, perché un secondo colpo stacca dal collo anche la seconda testa e con un calcio Archaon ne getta il corpo all’interno della pozza.

Tessifato si dissolve nel sangue sotto la cui superficie inizia a prendere forma una figura enorme e maestosa. L’Assetato di Sangue, che ne emerge saluta il Signore della Fine dei Tempi: “Il Signore dei Teschi si compiace del tuo sacrificio. Ka’Bandha e la terza schiera dei demoni di Khorne sono al tuo servizio. Chi dobbiamo sterminare nel tuo nome?”.

Archaon non risponde immediatamente, assaporando la sensazione di dominio sul mostro demoniaco. Questa è la sua ora e non consentirà a nessun servo degli dèi di rovinare questo momento.
Alla fine, lentamente, risponde. “Tutti. Li uccideremo tutti” (fonte: Archaon).

(continua)
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Primavera 2528 (2a parte)
Averheim – L’ultimo bastione dell’umanità (ep. 45)


La capitale dell’Averland è l’ultimo bastione di resistenza di quello che un tempo fu la più potente nazione degli uomini. È anche il rifugio di sopravvissuti lì sopraggiunti da tutte le province dell’impero e degli ultimi devoti della Dama del Lago, al comando di Jerrod di Aquitaine. La luce della speranza brilla ad Averheim, grazie ai più grandi campioni che gli uomini abbiano mai visto: Karl Franz, trasfigurato da una forza ed una potenza che lo rendono simile al dio Sigmar agli occhi dei suoi sudditi e Ungrim Pugnodiferro alimentato da una fiamma inestinguibile che porta distruzione tra i nemici ogni volta che vi abbatte sopra la sua ascia.

Sebbene la città abbia subito nel corso della sua storia razzie e assedi, la fortezza che ne rappresenta il cuore, collocata sulla sommità della collina che la domina, l’Averburg, si erge possente ed invitta a rafforzare la speranza dei difensori.

Da quasi due lune Averheim è assediata. Gli skaven hanno speso un numero di vite impensabile per qualsiasi altra razza nel vano tentativo di dare la scalata alle mura. I guerrieri del nord, le schiere fedeli al dio Tzeench guidate dal suo campione, Vilich il deforme, hanno invece atteso di aprire una breccia tra le mura grazie al continuo bombardamento dei cannoni infernali prima di gettarsi all’assalto. A quel punto, per la prima volta dall’inizio dell’assedio, i difensori sono stati messi a dura prova e solo l’intervento congiunto dei due campioni e l’eroismo quasi fanatico dei cavalieri bretonniani hanno trasformato una possibile disfatta in una gloriosa vittoria.

Da quel momento, Viilich si è ben guardato dal tentare di affrontare Karl Franz in battaglia, avendo percepito che il suo nemico è posseduto da un potere che lui non è in grado di sconfiggere.

Con il passare del tempo, le provviste vengono razionate e poi ulteriormente diminuite per cercare di sfamare i difensori il più a lungo possibile, nell’attesa di una forza amica che venga a rompere l’assedio. Ciò che sembra non avere fine, invece, sono le scorte di polvere da sparo e munizioni che il fu Conte Leitdorf (il Conte folle) ha fatto accatastare sotto la fortezza. Il Conte pazzo aveva dichiarato che tali scorte sarebbero state sufficienti per resistere fino alla fine del mondo. Se fino a qualche mese prima i sudditi del Conte avevano continuato a ripetere questo adagio con una certa arroganza, ora nessuno più si azzarda a ribadirlo, dopo aver visto testimonianze irrefutabili di come tale fine si stia inesorabilmente avvicinando.

Ogni giorno, Karl Franz, in sella a Grinfiamorte, sorvola le strade che portano ad Averheim nella speranza di scorgere gli agognati soccorsi. Un giorno, spingendosi più lontano del solito verso nord, avvista una colonna in marcia verso la città. La speranza svanisce presto e si trasforma in sconforto, alla vista di un esercito sconfinato che avanza verso l’ultimo baluardo degli uomini e al cui centro torreggia la figura del Signore della Fine dei Tempi, attorniato dalle sue guardie del corpo. Karl Franz, , però, constata che nessuna artiglieria sembra accompagnare quell’armata.

Tornato in città, l'Imperatore convoca i suoi collaboratori più fidati e decide di attuare un piano tanto ardito quanto disperato. Intende provare una sortita che abbia l’obiettivo di distruggere l’artiglieria di Vilitch, prima dell’arrivo di Archaon. Se la missione avrà successo, conta di poter riuscire a tenere in stallo il nemico a tempo indeterminato grazie alla solidità delle mura di Averheim e dell’Averburg (fonte: Archaon).

(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Primavera 2528 (3a parte)
Averheim – Le parti si invertono (ep. 46)


I cannoni infernali dell’esercito di Vilitch sono concerntrati sulle alture che sovrastano ciò che resta del villaggio di Bolgen sulla riva nord del fiume Aver. È ancora notte, quando non lontano dalla piazza centrale, nel tempio dedicato a Sigmar oramai dissacrato, il campione di Tzeench, sostenuto dalla congrega dei maghi al suo seguito, è intento nei complessi rituali di evocazione di un esercito di demoni. Vilitch non si è rassegnato a sottomettersi ad Archaon e conta, grazie ai potenti alleati che riuscirà ad unire alle sue forze, non solo di prendere Averheim, ma di essere in grado di sconfiggere il Prescelto in persona.

Nel campo, eretto intorno alla piazza centrale del villaggio, gli uomini del nord sono ancora ebbri di sonno, alcool e del sangue sparso nei giorni precedenti. Le sentinelle vengono però infastidite dal latrare sempre più accentuato dei mastini sparsi per il campo. Le bestie non sembrano volersi calmare in alcun modo e Vilitch avverte un profondo fastidio, perché il crescente rumore non fa che distrarlo in un momento tanto delicato.

Improvvisamente, al centro della piazza, bagliori di luci precedono l’apparizione di un portale magico, dal quale esce Karl Franz in sella a Grinfiamorte. Nelle ultime settimane, l’Imperatore ha appreso a controllare sempre di più l’incredibile potere che scorre in lui e grazie ad esso ha aperto l’unica via possibile per raggiungere il suo obiettivo.

Il grifone si lancia sui nemici circostanti ed attira su di sé i predoni più veloci a raggiungere lo spiazzo. Mentre gli uomini del nord si concentrano sulla minaccia più immediata, dal portale continuano a fuoriuscire truppe imperiali, scelte da Karl Franz per la loro determinazione ed esperienza. Mentre la cavalleria si spinge verso le alture per attaccare i cannoni infernali, la fanteria presidia la piazza ed il portale, onde mantere aperta la strada all’unica via di scampo per gli uomini dell’Impero.

I clamori del combattimento rendono Vilitch sempre più impaziente ed egli cerca di accelerare il rituale di evocazione per unirsi allo scontro e spazzare via, grazie ai suoi nuovi alleati, la minaccia.
Sulla piazza, invece è un susseguirsi di cariche e contro cariche, con gli imperiali che perdono terreno e poi lo riguadagnano grazie all’eroismo dei soldati ed alle prodezze dell’Imperatore e della sua guardia del corpo guidata da Ludwig Schwarzhelm. Con l’avvicinarsi dell’alba, però, la situazione si fa sempre più difficile, perché il buio si è dimostrato un valido alleato in questa sortita, e, con le prime luci del giorno, i soldati dell’Impero iniziano a perdere coraggio vedendo intorno a loro la moltitudine dei nemici che avanzano.

Vilitch completa finalmente il suo rituale, ma, con profonda delusione, scopre che la fretta è stata cattiva consigliera e al posto delle decine di migliaia di demoni che attendeva, solo alcune centinaia hanno risposto al suo richiamo. In ogni caso, chiamata a sé la sua guardia del corpo, composta dei guerrieri più provetti e potenti, si lancia assieme ai suoi nuovi alleati nella mischia.

Ovunque gli imperiali arretrano, tranne che sul fianco destro, dove la mera presenza di Karl Franz provoca sfaceli nelle file dei demoni. L’imperatore irradia una luce di fronte alla quale i demoni vengono disintegrati o iniziano a muoversi con una lentezza tale da divenire facili prede delle stoccate degli uomini. Per i soldati dell’impero questa è la prova definitiva che Karl Franz non è più un mero mortale, ma è stato toccato dal potere divino di Sigmar. Ciononostante, il centro ed il fianco sinistro degli imperiali è sul punto di collassare, quando sul retro degli assalitori si scagliano i cavalieri di ritorno dall’assalto all’artiglieria nemica. Hanno subito molte perdite, ma la loro missione è stata coronata da successo e la veemenza con cui si lanciano sul nemico lo manda in confusione. Karl Franz ordina allora una ritirata ordinata e, accompagnato dal Schwarzhelm e dalla sua guardia del corpo si erge a protezione della via di fuga dei suoi uomini.

Quando l’ultimo dei suoi sudditi ha attraversato il portale, con un colpo d’ali maestoso, anche Grinfiamorte lascia il campo di battaglia.

Frustrato, Vilitch si lancia all’inseguimento del suo nemico entrando nel portale, ma al suo interno perde di vista il suo nemico e, improvvisamente, si ritrova nella più totale oscurità. Voltandosi, si accorge che anche l’entrata si è ormai chiusa alle sue spalle. Insultando sempre più insistentemente Thomin, il suo fratello succube sulle cui spalle egli trascorre la propria esistenza controllandone la mente, inizia a vagare nell’oscurità, fino quando non si ritrova bloccato fra due rocce. Percepisce però che il luogo è soffuso di magia e attingendovi, illumina lo spazio intorno a sé. Ciò che aveva scambiato per rocce sono, in effetti, cristalli multicolori.

Si chiede, ad alta voce, dove si trovi. Un mormorio, pronunciato da migliaia di voci melliflue, gli risponde: “Nel dominio del Grande Stregone che ha udito la tua preghiera, o campione leale, ed è venuto in tuo soccorso”.

“Quale preghiera?” chiede Vilitch con tono sprezzante. “Io non ho rivolto alcuna supplica”.

“Ma io l’ho fatto”, prorompe Thomin, il fratello di Vilitch, con la voce secca ed impastata di chi non proferisce parola da decadi.

Vilitch riesce unicamente a pensare “NO!”, non a pronunciarlo, perché la sua mente è pervasa improvvisamente da una strana confusione. Dimentica tutto: , incantesimi, stratagemmi, parole…

Il labirinto cambia ancora una volta posizione, aprendo la strada per il Regno del Chaos. La cosa che un tempo era stata Vilitch il Deforme è ora avvinghiata sulle spalle di Thomin, attendendo le istruzioni del suo saggio fratello.


Allontanata la minaccia dell’artiglieria nemica, Karl Franz si concentra sul rafforzamento delle difese di Averheim, per preparare la città all’attacco di Archaon. Nonostante il parere contrario di Ungrim e Jerrod, memore di quanto accaduto ad Altdorf, l’Imperatore decide di inviare una richiesta d’aiuto all’unico in grado di fornire un esercito tale da contrastare l’avanzata del Chaos, all’ormai incontrastato signore della Sylvania, Nagash.

Il Grande Negromante rifiuta l’offerta di alleanza, troppo impegnato a restare rinchiuso nella sua Grande Piramide per assorbire l’energia magica mortifera della Sylvania. Nagash è certo che una volta completato tale processo, al momento neanche a metà, sarà sufficientemente potente da poter sfidare gli dei del Chaos. Per il momento, non ha nessuna intenzione di attirarne l’attenzione per salvare degli umani che potranno servirlo più efficacemente da morti che da vivi.

L’appello di Karl Franz, però, non resta inascoltato. Vlad von Carstein, seppur ancora indebolito dal fetido “dono” ricevuto da Otto Glott nella battaglia di Altdorf, è deciso a sfidare il volere del suo padrone, in nome del giuramento prestato all’Impero.

“Significa così tanto per te?” Gli chiede un incredulo Balthasar Gelt.

“Non dovrebbe”, ammette Vlad. “Forse non sei stato tu l’unico ad essere cambiato a seguito della nostra ‘amicizia’”.

(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Primavera 2528 (4a parte)
Averheim – L’ultima carica (ep. 47)


Vlad lascia la Sylvania accompagnato unicamente da Gelt e da uno squadrone di Templari di Drakenhof, cercando di non destare l’attenzione in particolare di Mannfred. Dei nove Mortarchi inizialmente chiamati a sé da Nagash, in Sylvania ne restano unicamente cinque, Vlad, Mannfred, Luthor Harkon (il re vampiro dei pirati), Arkhan e Krell, dopo che Neferata ha fatto ritorno a Pinnacolo d’Argento e gli altri sono stati distrutti o hanno tradito (come nel caso dell’Innominato, passato al servizio Chaos).

Pur temendo l'ira del suo padrone, Vlad non si ritiene in debito con lui, perché questi ha finora mancato ad adempiere la promessa che gli aveva fatto: di riportare in vita Isabella. Nonostante il vampiro usi la magia per accelerare ulteriormente la marcia, Gelt avverte una crescente inquietudine, temendo di non riuscire ad arrivare in tempo. Con il passare dei giorni, avvete sempre di più riemergere la propria umanità e diminuire la presa che Vlad ha su di lui; che questo accada a causa di una precisa volontà del vampiro o della debolezza a seguito del malessere provocatogli da Glott, Balthasar non è in grado di dire e non intende sicuramente parlarne con lui. Ciò che importa è il suo desiderio di riunirsi alla sua gente e fare ammenda del proprio tradimento.

Nel frattempo, l’esercito di Archaon arriva in vista di Averheim. Le tribù che ne formano il nerbo sono molto differenti da quelle con cui si sono confrontati finora i difensori. I loro idiomi sono più aspri e più aggressive le litanie che intonano al loro dio. Scoppiano scontri in continuazione o contro i resti dell’esercito di Vilitch o tra tribù rivali. In realtà, si tratta di sacrifici offerti alla propria divinità e poco importa che siano alleati o nemici. Gli skaven che avevano assediato la città finora si disperdono rapidamente al loro giungere.

Sono tre le figure che guidano questa orda: Valkia la Sanguinaria, soprannominata la “sposa” di Khorne, conquistatrice di Naggaroth, accompagnata dai veterani di quella campagna, minoritari, ma spietati; Scyla Anfingrimm, un tempo un glorioso eroe del Chaos sul punto di essere elevato a demone, poi invece trasformato dal dio del sangue in un concentrato di muscoli e violenza, ma pur sempre un mostro; Skarr Bloodwrath, un macellaio sanguinario della peggior specie, a capo della tribù più numerosa ed assetata di sangue dell’intero esercito di Khorne, gli Skaramor. Le offerte di Skarr al proprio dio sono state talmente numerose e gradite che Khorne lo ha già risuscitato più volte dal sangue dei nemici abbattuti.

I difensori che hanno potuto concentrarsi per giorni sui preparativi difensivi dopo la vittoria di Bolgen, immaginano che i loro nemici consolidino le proprie trincee e allestiscano macchine d’assedio adeguate prima di gettarsi all’assalto, ma vengono profondamente sorpresi, quando, all’indomani dell’arrivo di Archaon sotto le mura della città, la marea cremisi si lancia in una serie di assalti completamente scriteriati.

I combattimenti si susseguono per una giornata ed una notte intere che non lasciano respiro alle truppe schierate sui camminamenti delle mura. L’artiglieria imperiale spara a ripetizione, gli archibugieri, gli arcieri ed i balestrieri non fanno altro che sparare e ricaricare, consapevoli che la ressa degli assalitori è talmente fitta che nessun colpo andrà sprecato. I nani, con le loro asce e picconi staccano i rampini dai parapetti prima che i nemici possano issarsi fino alle mura. I maghi e l’Imperatore scagliano incantesimi per ripulire i camminamenti ogniqualvolta qualche Skaramor riesce a raggiungere la sommità delle mura e farsi largo tra i difensori.

Quando sorge il nuovo giorno, in uno dei rari momenti in cui l’assalto perde di vigore, i difensori possono prendere visione della situazione: i morti tra i guerrieri del Chaos si contano a decine di migliaia, ma ciò che suscita il loro terrore è la visione della pila dei cadaveri nemici accatastatasi a ridosso delle mura che quasi raggiunge i parapetti.

Quando i pochi cannoni infernali rimasti iniziano il bombardamento, una nuova ondata di skaramor si lancia all’assalto, salendo freneticamente su queste strutture di carne. Nonostante la difesa disperata, Skarr riesce a mettere piede sui camminamenti dell lato nord delle mura. Ed il massacro ha inizio. Dietro di lui fluiscono i suoi seguaci e, ovunque, su quella sezione gli imperiali arretrano. Solo i nani guidati da Ungrim riescono a rallentare l’avanzata nemica.

Contemporaneamente, anche Archaon si presenta di fronte al portale ad est della città accompagnato dalle sue Lame del Chaos. Chiamando il potere del demone imprigionato nella sua spada, manda in frantumi le porte che avevano fin lì resistito financo agli assalti dei giganti caotici più violenti e nerboruti.

Dove possono, le truppe imperiali cercano di condurre una ritirata ordinata verso il centro della città e l’accesso all’Averburg. In diversi momenti, l’intervento di Jerrod e dei suoi cavalieri al fianco di Karl Franz riesce a rallentare temporaneamente la furia dei nemici per consentire alle truppe di ripiegare in relativa sicurezza. Solo i nani restano isolati sui bastioni a nord, riuniti intorno alla furia di Ungrim.

Un’ombra maestosa, però, plana al centro della città seminando la morte ed il terrore tra i primi contingenti che cercano di riparare all’interno dell’Averburg. Quando Ka’Bandha entra nella fortezza bloccandone le porte, l’intera artiglieria disponibile apre il fuoco ed il cortile interno si riempie di sangue… troppo sangue pensano i difensori, troppo per fuoriuscire da un corpo solo, fosse anche quello di un Assetato… Quando il liquido raggiunge le caviglie dei difensori, mani fuoriescono da esso ad afferrare le gambe dei soldati e trascinarli a terra. Un esercito di demoni massacratori di Khorne prende forma all’interno della fortezza.

Quando Karl Franz e Jerrod giungono infine sulla piazza, dall’interno dell’Averburg si levano solo grida strazianti e gli eroi comprendono che la cittadella e con essa l’ultimo barlume di speranza sono perse definitivamente.

L’Imperatore solleva allora lo sguardo in direzione degli stendardi che annunciano l’arrivo di Archaon e si rivolge a Jerrod al suo fianco: “A capo di quest’orda marcia il Prescelto degli dei del Chaos. Se lo uccidiamo possiamo ancora ostacolare i loro piani e meritare una morte degna di essere ricordata. Sono convinto che le nostre possibilità sarebbero maggiori se alcuni prodi cavalieri di Bretonnia cavalcassero al nostro fianco. Forse la Dama considererà tale intento meritevole della sua benedizione”. “Quella di Sigmar non è sufficiente?” Chiede Jerrod, quasi rinfrancato dalle parole dell’Imperatore.

“Egli sarà sicuramente al nostro fianco”, risponde l’Imperatore. “Ma in questi tempi così oscuri non mi sento di disdegnare l’aiuto di qualsiasi dio voglia volgere lo sguardo verso di noi”.

Dopo un momento di silenzio, con gli stendardi nemici ormai in vista, Jerrod si volta verso Karl Franz: “Un’ultima carica, allora?”.

“Un”ultima carica”, risponde l’Imperatore.


(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Primavera 2528 (5a parte)
Averheim – Scontro fra titani (ep. 48)


I cavalieri sopravvissuti dell’Impero e di Bretonnia spronano i cavalli al galoppo lungo la Steilstrasse, seguiti da ciò che resta della fanteria. Per un attimo la pioggia torrenziale che dall’alba batte sui combattenti, concede un attimo di tregua. Quando il cielo si apre e per alcuni momenti, le armature degli uomini risplendono al sole, quasi mostrando il favore di Sigmar, mentre le nubi sembrano prendere la forma della Dama raccolta in silente preghiera a benedire i suoi eroi.

La magia dura un istante soltanto, poi le nubi si richiudono, la pioggia riprende a martellare su uomini e mostri ed il fragore degli zoccoli sul selciato spezza quel momento di incanto.

L’impatto della carica sugli Skaramor è devastante. Reggimenti interi di uomini del nord vengono travolti dai cavalli e quelli che sopravvivono all’impatto sono eliminati dai fanti al seguito e che, dopo giorni di costante pressione subita dal nemico, sono desiderosi oltre ogni dire di vendetta.
I Bretonniani colpiscono duramente il nemico, fino a che, sbucando da una via laterale alla Steilstrasse, Skarr ed i suoi mietiteschi vengono a seminare la morte nei loro ranghi. È solo un rallentamento temporaneo, perché Jerrod riesce ad ucciderlo ed i cavalieri della Dama ricominciano ad avanzare nella mischia sempre più fitta. Ludwig Schwarzhelm e Valkia la Sanguinaria si tolgono reciprocamente la vita in un abbraccio mortale, mentre Karl Franz si apre la via verso Archaon grazie ai colpi formidabili portati con il martello di luce che ha creato grazie alla Magia del Cielo.

Le spade del Chaos, la guardia del corpo di Archaon, formano un cerchio di scudi all’interno del quale i due campioni iniziano il duello decisivo. Entrambi sono velocissimi nel tentare di colpire l’avversario e pararne il colpo; entrambi usano la magia per prendere il sopravvento, ma invano.

Arrivando dal cielo verso Averheim in sella al suo pegaso, Mercurio, Balthasar Gelt si trova circondato da uno stormo di arpie. La prima tentazione è di fare ricorso al sapere negromantico appreso durante i mesi trascorsi “al servizio” di Vlad. Poi, cercando dentro di sé, Gelt riscopre il sapere che lo aveva portato a divenire il Sommo Patriarca dei Collegi di Magia ed utilizzando la magia del Metallo, si disfa delle sue assalitrici. Prova una strana sensazione, perché avverte che gli incantesimi gli riescono con una facilità inusitata e che Chamon, il vento del metallo, soffia poderoso. Gelt vede sotto di sé la città in fiamme e capisce di essere arrivato troppo tardi. Sui bastioni ad est della cinta muraria il mago intravede una sorgente di fuoco vivo ardere ed intorno ad essa riconosce il tipico trambusto della battaglia. senza saperlo, si dirige verso la porzione delle mura dove i nani si sono raccolti intorno ad Ungrim e stanno infliggendo alle forze del Chaos perdite enormi, pur subendone a loro volta, soprattutto tra gli sventratori.
La situazione sembra precipitare per i figli di Grimnir quando Scyla Anfingrimm ed il suo corteo di mostri e mutanti si scagliano sulle loro fila. Nonostante le ferite subite Ungrim riesce a sconfiggere il mostro e grazie all’aiuto magico del sopraggiunto Gelt, la situazione si capovolge di nuovo ed i nani riprendono il sopravvento.

Gelt intravede verso nord fulmini che si abbattono dal cielo e capisce che è lì che l’Imperatore sta conducendo la sua battaglia contro il nemico. Propone ai nani di aprirsi la via attraverso le orde del Chaos per tentare di ricongiungersi al loro alleato. Non per viltà ma per la consapevolezza che si tratterebbe di un sacrificio insensato e inutile, Ungrim rifiuta.

Il vento del metallo soffia sempre più impetuoso e Balthasar Gelt decide di abbandonarsi interamente ad esso. Chamon è alla ricerca di un degno ricettacolo da quando il Grande Vortice si è disintegrato su Ulthuan e lo trova nel mago.

Avvertendo una potenza ed una sicurezza mai provata prima, Gelt chiede ai nani di fidarsi di lui.

A nord della città il duello tra Archaon e Karl Franz, improvvisamente, sembra decidersi. Grinfiamorte viene stordito da un colpo potente vibrato dal Prescelto degli dei oscuri e l’Imperatore si ritrova appiedato contro il suo arcinemico.

“Il potere di cui ti ammanti non ti appartiene. Lo strapperò da te per restituirlo al suo legittimo proprietario: il Signore del Mutamento”.
Una volta ancora Archaon cala la Sterminatrice di Re sul suo nemico che, ancora una volta, para il colpo con il suo martello di luce. In questa occasione, però, la parata non è accompagnato dallo stridere del metallo su metallo, ma dal suono stridente di un vetro che va in frantumi. Ed è proprio quello che accade al martello di luce.
Immediatamente, un lampo discende dal cielo non in direzione di Archaon ma dell’Imperatore che sembra resistere al colpo per un momento, poi crolla sulle ginocchia. Il flusso di luce si inverte e ritorna al cielo.

Con grande sorpresa di Archaon, Karl Franz si erge nuovamente in piedi prima ancora che il lampo venga riassorbito tra le nubi. Il Signore della Fine dei Tempi ride crudelmente e colpisce l’Imperatore al volto con il proprio scudo, buttandolo a terra un’altra volta, con il volto rigato dal sangue.


(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Primavera 2528 (6a parte)
Averheim – Il traditor redento (ep. 49)


Archaon si avvicina al suo nemico, pronto ad infliggere il colpo finale. Prima però intende umiliarlo ancora. “Patetico. Il fulmine ti ha abbandonato e a stento meriti lo sforzo di toglierti la vita. Non possiedi più né esercito né impero. Non godi del favore di alcun dio. A nessuna divinità importa che tu muoia o viva”.

“Forse è vero.” Replica l’Imperatore. “Ma io ho ancora qualcosa che tu non possiedi e non avrai mai”.

Archaon gigna a questa affermazione. “Davvero? Illuminami? Che cosa mi può ancora mancare?”

Un istante troppo tardi Archaon avverte la magia che sta prendendo rapidamente forma e si rende conto che Karl Franz l’ha percepita prima di lui.

“La speranza”.


Rivoli d’oro riempiono i ciottoli della strada, crescendo rapidamente e solidificandosi. Da queste forme fuoriescono nel mezzo delle forze nemiche i nani di Ungrim. L’incarnazione di Aqshy si scaglia su Archaon prima che questi riesca a calare il fendente definitivo su Karl Franz e ne para il colpo.

Completato l’incantesimo, protetto dai nani di Zhufbarak, Gelt recupera le forze necessarie per lanciarne un nuovo. Utilizzando il metallo delle armi e delle armature dei caduti, l’Incarnazione di Chamon erge una muraglia fra gli uomini e i nani sopravvissuti ed il loro nemico. Con un ultimo sforzo, Gelt chiude il muro separando Ungrim da Archaon che urla per la frustrazione nel vedersi sottratta l’agognata preda nel momento del trionfo.

Mentre i guerrieri del Chaos iniziano a colpire la struttura in metallo per abbatterla, Karl Franz saluta il suo salvatore perdonandolo per il tradimento dei mesi precedenti. Il mago spiega ai suoi alleati che intende utilizzare lo stesso incantesimo lanciato per trasportare i nani in battaglia al fine di condurre l’Imperatore ed i sopravvissuti fuori da Averheim. Avverte, però, che non sarà in grado di portare tutti in salvo e di non poter condurli troppo lontano. Ungrim si offre, assieme ad i suoi sventratori, di restare lì per sfidare il nemico. Nonostante un ultimo tentativo di Karl Franz di dissuaderlo, la decisione viene presa e l’incantesimo lanciato.

Percorrendo le ultime miglia che lo separano da ciò che resta della capitale dell’Averland, Vlad ed i suoi Templari intravedono il fumo degli incendi e della devastazione della battaglia. Il vampiro comprende di essere giunto troppo tardi per salvare la città. Ordina alla sua schiera di tornare indietro verso la Sylvania, ma non riesce a fare a meno di volgere ancora uno sguardo a quello che è stato l’ultimo baluardo dell’Impero che aveva giurato di proteggere. Da lontano gli pare di intravedere lingue di fuoco che si dimenano, circondate da orde di guerrieri del Chaos.

Poi, improvvisamente un vento infuocato spazza il campo di battaglia e ritorna al cielo.
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by lef64 »

Non mi dire che hai finito!
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

lef64 wrote:Non mi dire che hai finito!
Direi proprio di no... Il finale è molto più apocalittico... ;)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Primavera – Autunno 2528 (1a parte)
Athel Loren – Il signore oscuro (ep. 50)


Era riuscito a liberarsi dalla maledizione di Tzeench, ma quale umiliazione aveva dovuto soffrire! Posare sul capo di un altro l’agognata corona del dominio! Su un nuovo “prescelto”! Archaon avrebbe fallito come i suoi predecessori che aveva dovuto incoronare per scontare la pena cui il Signore del Mutamento lo aveva condannato per pagare la sua presunzione…

Archaon avrebbe fallito perché sarebbe stato lui a portare a compimento il piano degli dèi oscuri prima del “prescelto”! Già da tempo, mentre il “Signore della Fine dei Tempi” restava inoperoso nel freddo nord, lui, Be’lakor, il primo Principe Demone, era all’opera nella foresta di Athel Loren per accelerare la corruzione della Grande Trama delle radici della terra preservata dagli abitanti della foresta incantata.

Certo, i suoi piani erano stati messi in pericolo dall’arrivo dei Elfi Alti e Oscuri sopravvissuti. Più di una volta legioni di demoni, orde di uominibestia o di uomini-ratto erano state devastate dall’arrivo di uno degli eserciti dei nuovi venuti proprio nel momento in cui i tradizionali regni dei Silvani erano pronti per crollare sotto l’attacco del Caos.

Il processo di distruzione, però, era unicamente rallentato e non pregiudicato. Il potere del Chaos sul mondo era in fase ascendente e tutto quello che i nuovi sovrani della Foresta potevano, non importa la veemenza con la quale si opponevano a tale processo, era rallentare il disfacimento dell’ordine fin qui mantenuto.

L’arrivo degli Elfi Alti e Oscuri, però, non era stato interamente negativo. Aveva, anzi, aperto nuove possibilità ad una mente creativa quale quella di Be’lakor.

Rivalità, diffidenza, sospetto, se non odio addirittura, erano una costante dei rapporti tra le tre razze. Il matrimonio tra Malekith ed Alarielle era chiaramente un’unione di convenienza, frutto della ragion di stato ed il fatto che nel Re dell’Eternità albergasse il vento dell’Ombra, Uglu, diametralmente opposto al vento della Vita che aveva trovato riparo in Alarielle, non faceva che acuire le differenze ed i sospetti tra i due.

Più di tutti gli altri, però, Be’lakor era rimasto incuriosito dalla figura di Hellebron.

La megera era stata salvata quasi per caso dalla rovina dell’Ulthuan e da allora lei ed i suoi seguaci avevano combattuto con un ardore impareggiato in difesa di Athel Loren. Forse anche con troppo ardore…

Molti si erano lamentati apertamente con Alarielle per via degli eccessi che gli adoratori di Khaine avevano dimostrato; la regina non aveva potuto dar seguito a quelle accuse, nonostante anche lei detestasse profondamente Hellebron, perché il suo consorte si era rifiutato di agire.

Le tensioni dovevano inevitabilmente esplodere prima o poi. Era successo alla battaglia di Cerura Carn. In quell’occasione, le forze comandate da Imrik si erano trovate in tale difficoltà di fronte alle orde di uominibestia che li assalivano da ogni lato che il principe dragone aveva dovuto chiedere l’intervento di altri contingenti per far fronte al pericolo. Lord Arlas di Modryn aveva risposto. Ma anche Hellebron e più per il desiderio di massacro che per aiutare il principe.

Le streghe ed i carnefici avevano assalito il nemico alle spalle, ma si erano talmente abbandonati al piacere del massacro che non si erano fermati una volta che le loro linee si erano ricongiunte a quelle di Arlas. Circa la metà dell’intera schiera di Modryn fu sterminata quel giorno e per una gran parte dai seguaci di Hellebron.

Il massacro aveva generato un tale reazione ed un orrore così profondo tra gli elfi che neanche Malekith si era sentito di coprire ulteriormente la megera; aveva, però, demandato ad Alarielle l’emanazione del decreto di esilio. La regina non aspettava altro e aveva dichiarato fuorilegge il Culto della Regina del Sangue, privando Hellebron venne di tutti i privilegi e titoli.

E così, in una notte senza luna, Be’lakor decide di avvicinare l’elfa caduta in disgrazia, tormentata dalla sete di vendetta e dall’umiliazione subita. Nonostante i tentativi di nascondere la propria identità vengano immediatamente elusi, il Principe demone scopre con piacere che non ha bisogno di troppi inganni per attrarre l’elfa dalla sua parte. Gli basta mostrarle una visione illusoria di un possibile futuro in cui Alarielle scaglia il suo corpo insaguinato da un pinnacolo.

Quella stessa notte, il vento del Fuoco, Aqshy, soffia alla ricerca di un nuovo padrone attraverso i cieli, abbandonando il cadavere di Ungrim, caduto alle porte di Averheim. Molti maghi avvertono quel potere e credono di poterne prendere il controllo, salvo rimanere folgorati nel tentativo. Tra le rovine di Altdorf, anche Egrimm von Horstmann cerca di prendere il controllo del vento magico. Con il medesimo risultato.

(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by reVenAnt »

Comunque......penso che questo sia il "riassunto" più completo di tutto il web!

E' da un po' che volevo dirlo....il tuo lavoro è enciclopedico, Baldovino I!
Davvero un piacere da leggere, a costo 0 ;) :D !
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

reVenAnt wrote:Comunque......penso che questo sia il "riassunto" più completo di tutto il web!

E' da un po' che volevo dirlo....il tuo lavoro è enciclopedico, Baldovino I!
Davvero un piacere da leggere, a costo 0 ;) :D !
Mi fa veramente piacere che stiate apprezzando. Devo dire che anche io mi sto divertendo molto a scriverlo, a volte persino permettendomi qualche scelta stilistica e di presentazione che utilizza una prospettiva sugli eventi differente rispetto alla versione ufficiale. Sto cercando, quanto più possibile, di rendere giustizia ad un lavoro che è stato davvero imponente. Va dato atto a GW che l'uscita di scena di WHFB è avvenuta con tutti gli onori del caso.
Ovviamente nessun lavoro è perfetto per definizione e anche ET ha le sue lacune (come sicuramente anche il mio riassunto).
Una delle riflessioni che mi sono venute in mente grazie a questa opportunità di "approfondimento" è che gli sviluppatori del progetto si devono essere molto divertiti, in un certo senso, a tentare una serie di esperimenti a dir poco interessanti. Da quando ho letto le regole di AoS, mi sono davvero domandato se molti degli scenari proposti in ET non siano stati anche giocati e "pensati" con il sistema di AoS in testa. Mi piacerebbe fare l'esperimento di giocarli con i due sistemi e vedere con quale funzionano meglio. Considerato il tempo a disposizione per il gioco, resterà sicuramente un sogno...

Magari una volta concluso il lavoro di sintesi, mi piacerebbe sentire da voi cosa ne avete pensato.

Per quanto riguarda il costo 0, oltretutto va anche ricordato che, a questo punto, GW, per sua scelta, non ci può fare più neanche un centesimo su questa opera... :fubar:
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Primavera – Autunno 2528 (2a parte)
Sylvania – Morto e sepolto… (ep. 51)


Con enorme piacere Mannfred aveva comunicato ad Arkhan che Vlad aveva lasciato la Sylvania, disobbedendo agli ordini di Nagash.

Con profonda delusione aveva appreso che tale atto non avrebbe comportato nessuna conseguenza. Per il vampiro, il comportamento del suo signore era stato incomprensibile. Nagash, però, aveva intuito che Vlad non si batteva per puro egoismo ed ambizione, come il secondo dei von Carstein, ma perché credeva in qualcosa di più elevato. Portare dalla propria parte un essere così avrebbe significato avere a disposizione un potente alleato. Qualora, invece, non fosse stato possibile, allora il destino del vampiro sarebbe stata la distruzione.

Con smisurato orgoglio Mannfred aveva assunto il comando delle operazioni di difesa della Sylvania, invasa da nord da un esercito di demoni di Nurgle, profondamente infastidito dall’ordine innaturale e sterile di quella terra.

Il conte vampiro studia per giorni il suo avversario; non intende fallire. Vuole provare al suo signore che egli è degno di fiducia e di ricoprire un ruolo importante nel nuovo ordine che Nagash costruirà su questa terra. Anche se, in realtà, egli odia profondamente il Signore della non-morte e non aspetta altro che un’occasione propizia… Decide di non impedire al nemico di attraversare il fiume Stir, ritenendo le fortificazioni su quel lato troppo deboli, ma decide di metterli alla prova lungo tutta la strada che porta a sud, ai Nove Demoni, l'altura sulla quale il rituale di rievocazione era stato completato e sulla cui cresta Nagash ha posizionato la Piramide Nera, circondandola con un lago di magia della morte, il cui livello scende progressivamente man mano che egli assorbe le energie di Shysh nel tentativo di conseguire l'immortalità.

Mentre il suo discendente studia il nemico, a sua insaputa, Vlad rientra in Sylvania, dopo aver cavalcato notte e giorno, incurante dei danni che la luce del sole ha inflitto suoi Templari di Drakenhof che lo accompagnano. Sulla strada, Vlad incontra una messaggera di Neferata che lo mette in guardia sul suo futuro, annunciandogli che in fondo alla strada che sta percorrendo incontrerà sia la morte sia ciò che il suo cuore desidera maggiormente.

Intanto, Mannfred si convince di poter avere agevolmente ragione del nemico, vista l’esiguità dell’esercito invasore, il cui nerbo è composto da alcune migliaia di Untori, nurglini e parassiti della peste. Due sono i leader di questa armata: il primo è facilmente riconoscibile, sebbene il corpo che ne ospita lo spirito, alla cui volontà è soggiogato, è quello di un grande eroe dell’Impero. Luthor Huss, infatti, è prigioniero dello spirito di Drachenfels, l’Innominato, traditore della causa di Nagash al Bastione Aurico.

L’altra figura, femminile, è molto più enigmatica. Avanza tra i demoni corrotti con andatura nobiliare e porta il volto coperto. Mannfred percepisce una certa familiarità, ma non riesce a scoprirne l’identità. Tre grandi immondi completano l'esercito di Nurgle.

Mannfred ammassa quanti più seguaci possibili, zombie, spiriti, vargheist, terrorgheist. L’assalto non dovrà concedere scampo al nemico e sarà il viatico per la sua ascesa.

Quando il vampiro lancia finalmente il suo attacco, alcune leghe a nord di un’antica locanda imperiale dal nome evocativo “Il Morto e Sepolto”, riceve anche l’aiuto, non richiesto e indesiderato, di Luthor Harkon e dell’orda di zombie al suo seguito. La battaglia sembra velocemente incanalarsi sul percorso previsto dal von Carstein che, deciso a sferrare il colpo finale, entra nella mischia ed uccide uno dei tre grandi immondi.

Nel momento in cui assapora il suo trionfo, Mannfred si rende invece conto di aver completamente sottostimato il suo nemico. La donna svela la sua identità: è Isabella von Carstein, anche se il suo corpo è controllato dallo spirito di un demone, che lotta continuamente per impedire alla coscienza della contessa di riprendere il controllo. I doni che Nurgle le ha conferito, tuttavia, sono devastanti. Il semplice tocco di Isabella consuma anche i mostri più grandi che Mannfred le scaglia contro. Dal canto suo, l’Innominato prende il controllo delle orde di zombie e li scaglia contro i loro ex-padroni. Luthor, Mannfred ed i loro accoliti più potenti riescono, seppur con enorme difficoltà, a fuggire, mentre gli altri vengono smembrati.

I vampiri trovano riparo al “Morto e Sepolto” le cui strutture possono permettere un’ultima disperata resistenza. L’umore di Mannfred, tetro per l’umiliazione subita, diventa ancora più livido quando riconosce la voce, fin troppo familiare, di Vlad che giunge con i Templari superstiti a prendere il controllo delle operazioni di difesa della locanda.

Fortunatamente per i vampiri, Drachenfels decide di scagliare contro di essi le orde di morti viventi sottratte al loro controllo, mentre i demoni continuano la loro avanzata verso la Piramide Nera.

Uno dopo l’altro i vampiri meno potenti soccombono sotto l’assalto incessante di quegli esseri senza volontà e coscienza, ma nel momento in cui il loro destino sembra definitivamente segnato, complice la presa meno potente sugli zombie da parte dell’Innominato che è in marcia assieme ai demoni, Mannfred riesce a riprendere il controllo di metà dell’orda e la scaglia contro la parte ancora sotto il controllo del suo nemico.

Grazie a questo capovolgimento di sorti, i vampiri superstiti possono respirare e Vlad curare i danni che l’infezione, mai guarita, infertagli da Otto Glott, gli provoca ogni volta che deve attingere a fondo alle proprie energie.

Profondamente infastiditi da questo contrattempo, Drachenfels, Isabella e un Grande Immondo invertono la marcia e convergono rapidamente sulla locanda, accompagnati da alcune schiere di Untori.

Il ritorno dei generali nemici cambia nuovamente la situazione. L’Innominato strappa il controllo dei morti viventi al Mannfred e gli zombie, stavolta affiancati da legioni di Untori, entrano nei recinti della locanda. Vland e Mannfred si trovano a combattere fianco a fianco consapevoli che la sopravvivenza dell’uno dipende da quella dell’altro.

Vlad intravede finalmente Luthor Huss e percepisce l’essenza di Drachenfels dentro di lui. Decide che la sola speranza di sfuggire all’orda risieda nell’eliminazione dell’essere che la controlla e cerca di aprirsi una via verso il nemico, mentre l’infezione di Golott riprende virulenza.

Mannfred, dal canto suo, si muove nel cortile meridionale dove riesce ad eliminare il Grande Immondo e grazie al potere sotratto al demone a guarire le ferite della sua cavalcatura, l’abyssal Ashigaroth. La sua concentrazione viene distolta da un battito di mani. Sul muro che circonda il cortile, Isabella irride il suo nemico, poi si muove verso di lui. Non volendo rischiare un nuovo contatto con il tocco corruttore della contessa, sprona Ashigaroth in volo. Harkon afferra una delle zampe della bestia per sottrarsi anche lui alla morte, ma Mannfred non ha alcun bisogno di portarlo in salvo con sé e con un colpo della sua spada ne recide la mano, lasciandolo crollare a terra ed abbandonandolo al suo, ormai inevitabile, destino. Infatti, con due ali di demoni che le mostrano la via, Isabella si fa incontro al vampiro ed elusane la vana resistenza, ne prende la testa fra le mani. In pochi attimi, la maledizione fa il suo effetto ed il corpo del vampiro si scioglie in un fetido liquame.

Anche la sorte di Vlad sembra ormai segnata: il vampiro si batte gagliardamente, ma sente la corruzione all’interno del suo corpo crescere progressivamente e le forze affievolirsi. Quando Luthor Huss si erge su di lui con aria trionfante, il vampiro decide di usare l’ultima carta disperata ed inizia ad insultare il prete guerriero che, contro ogni giuramento, sta ora lottando per le forze che ha combattuto per tutta la sua esistenza. Un po’ alla volta, nonostante Huss continui a calare colpi di martello sul vampiro, l’espressione del suo viso si fa sempre più contrita ed alcuni tic manifestano una lotta interiore in cui Luthor cerca disperatamente di imporre la propria volontà su quella dell’Innominato. Vlad tenta un ultimo azzardo e con le forze rimaste evoca alcuni scheletri sepolti nel cortile della locanda. Con disprezzo, Drachenfels cerca di controllare i non-morti, ma è quanto basta affinché lo spirito di Luthor Huss riesca a riprendere il sopravvento. La fede in Sigmar riesplode violenta, percepita come fuoco purgatore da tutti gli zombie circostanti. Peggiore è la sorte dello spirito che alberga in lui. Con la dissoluzione dell’Innominato, i non-morti iniziano a collassare al suolo, uno dopo l’altro.

Vlad, esausto, utilizza quel momento di tregua per abbandonare il controllo degli scheletri appena evocati ed usare le energie magiche per rallentare l’effetto corruttivo della piaga di Glott. Quasi increduli per l’assurdità della situazione, gli alleati più improbabili del Vecchio mondo si lanciano contro i demoni di Nurgle. La furia vendicatrice di Huss miete vittime ad ogni colpo. Dal canto suo, Vlad, seppur profondamente debilitato, non intende sfigurare ed avanza con l’unico desiderio di vedere, un’ultima volta, la sua Isabella.

Non deve attendere molto, perché la Contessa piomba improvvisamente sul prete guerriero, uccidendolo. Droni e untori si fermano improvvisamente e si fanno da parte, permettendo a Vlad di avanzare verso la sua sposa.

“Nascondersi dietro un prete? Sei davvero divenuto così debole?” Lo denigra Isabella.
“Non mi nascondo dietro nessuno”, ribatte Vlad. “Trovo, inoltre, i miei alleati decisamente più presentabili dei tuoi. Ma d’altronde, non sei veramente te stessa, vero? La puzza di un demone non si può nascondere così facilmente”.
“Sono io, davvero”, insiste Isabella. “Il demone che percepisci, mi garantisce unicamente il potere di assecondare tutti i miei desideri. Il Grande Nurgle mi ha dato ciò che tu mi hai sempre negato: la possibilità di prendere in mano il mio destino e compierlo fino in fondo”.
“Eri mia moglie. Io non ti ho mai negato nulla”.
“Ero il tuo animale di compagnia, piuttosto”, ribatte Isabella. “Ho sempre vissuto nella tua ombra”.
“Il demone sta mistificando i tuoi ricordi. Siamo sempre stati uguali”.
“Allora, provalo”, lo incalza la Contessa. “E unisciti a me al servizio del Padre del decadimento. Non puoi sfuggire altrimenti alla sua contaminazione. Abbraccia il tuo destino”.
“No”. Risponde Vlad con tristezza. “Quello che tu mi chiedi, non posso concedertelo”. Dice il vampiro lasciando cadere la spada. “Un tempo pensavo che avrei potuto attraversare qualsiasi oscurità per essere al tuo fianco, ma mi sbagliavo.”
Isabella lo osserva con severità. “Ripensaci, mio amato. Non hai possibilità di fuga. Rifiutare significa morire”.
“Sono tornato dal nulla per l’essere che eri, non per venire insultato dalla creatura che sei diventata. Al nulla torno volentieri, poiché questo mondo non ha più niente da offrirmi”.
Vlad resta immobile, mentre Isabella avvicina le mani al suo volto. Per un momento, gli sembra di scorgere un barlume di rimorso nei suoi occhi scuri. Poi avverte il contatto di fredde dita sulla sua pelle e si sente decadere dal suo interno. Nell’ultimo istante prima della morte, Vlad von Carstein giura di vendicarsi di un dio.


(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

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Più tardi, un nuovo "episodio"... Si ritorna a...
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Primavera – Autunno 2528 (3a parte)
Athel Loren – Metallo e Fuoco (ep. 52)


Mannfred fa un mesto ritorno alla Piramide Nera, dove viene accolto da Arkhan il Nero, preso dai preparativi per difendere il mausoleo dall’attacco dei seguaci di Nurgle. Il vampiro cerca di scaricare la colpa del suo fallimento su Luthor Harkon, non potendo essere sicuro della sorte di Vlad. Arkhan lo incarica di portare un messaggio a Neferata, chiedendole di ritornare al loro fianco e promettendole in cambio qualsiasi cosa ella vorrà. Sempre più scontento dello svolgersi degli eventi e dell’aver perso completamente il controllo della sua terra, a malincuore Mannfred si rassegna a ricoprire il ruolo di messaggero, con l’unico sollievo di non dover confrontare Nagash a proposito della sua sconfitta.

Nello stesso periodo, Archaon, tornato a Middenheim, convoca i suoi alleati skaven e ordina loro di scavare in profondità sotto la città alla ricerca di un antico e prezioso artefatto.

Intanto, due eserciti marciano verso Athel Loren, provenendo da est.

Il primo è composto dai sopravvissuti di Averheim, uomini e nani, che procedono con fatica attraverso le montagne, rallentati come sono da un numero importante di feriti. È grazie alla dimistichezza del forgiarune Gotri Hammerson con i sentieri dei Monti Grigi che i sopravvissuti riescono a procedere verso la loro meta, anche se la loro avanzata è comunque costellata di incidenti e scontri con i mostri che hanno sui monti le loro tane o tribù di orchi e di ogri. È soprattutto grazie al potere di Balthasar Gelt e alle armi da fuoco dei nani che questi incontri vengono tutti risolti a favore dell’esercito di Karl Franz. Seppur inizialmente sottovoce, nelle fila dei nani inizia a crescere uno strano sentimento di riverenza nei confronti del mago che essi ritengono toccato dallo spirito di Grungni, dal momento che basta la sua mera presenza per rendere più resistente il gromril e ravvivare il potere di rune che neanche Hammerson è in grado di risvegliare.

L’Imperatore, che dopo lo scontro con Archaon ha perso ogni potere magico, rimane, comunque, il punto di riferimento di questo esercito, anche se la sua decisione di puntare verso Athel Lorien ha suscitato diversi malumori tra nani e bretonniani.

Il secondo esercito, l’Armata degli Skaramor, è guidata da un uomo morto: Skarr Bloodwrath, ucciso da Jerrod durante l’assalto di Averheim, ma riportato in vita dal suo dio e deciso a vendicare l’affronto a tutti i costi. Per fare questo, costringe i suoi uomini a marce quasi impossibili, incurante degli uomini lasciati indietro.

Non lontano da lì, una figura solitaria supera i confini del regno incantato, il volto scavato dalla fatica e dal rimorso. Tre voci echeggiano nella sua testa, lo invitano a riposarsi e gli ricordano le conseguenze delle sue azioni. Sono gli spiriti di tre elfi morti nel corso degli ultimi eventi: Belennaer, Eltharion e Kohril. Consapevole che il tempo a disposizione è sempre più scarso, Teclis decide di ignorare i loro moniti e continua il suo viaggio attraverso il regno degli Elfi.

Quando gli uomini e i nani arrivano al limitare della foresta, finalmente il vento cambia, portando con sé gli ululati degli Skaramor. Immediatamente, tutti raddoppiano i propri sforzi cercando il dubbio riparo offerto da Athel Loren. All’ingresso nel reame incantato, gli ordini di Karl Franz sono perentori. Nessuno deve assolutamente toccare con asce o altri strumenti gli alberi.

Anche Be’lakor osserva l’arrivo degli intrusi, provando disappunto per la piega che gli eventi stanno prendendo. Il potere di Gelt brilla in maniera incontestabile, a testimonianza di un nuovo, formidabile nemico che il demone dovrebbe sconfiggere se questo esercito si aggregasse a quelli degli elfi. Anche l’arrivo di Skarr gli desta preoccupazione, per l’inevitabile attenzione che desterà. Cerca di incontrare il khornita e dissuaderlo dal suo intento, ma ogni ragionamento è inutile e Be’lakor deve rassegnarsi a vedere i propri piani stravolti di nuovo.

L’intrusione di uomini e nani viene notata immediatamente, ma, per volere di Alarielle, gli spiriti della foresta restano vigili, pronti ad assalire i nuovi arrivati al primo passo falso. Con il passare delle ore e dei giorni, le driadi osservano con compiacimento, ma anche con una punta di delusione, il comportamento irreprensibile non solo degli uomini ma persino dei nani.

Quando gli Skaramor penetrano nella foresta, invece, gli spiriti si scatenano, assalendo gli invasori ripetutamente. Skarr avanza incurante delle perdite, nella consapevolezza che il sangue versato, anche quello dei propri uomini, è offerta gradita al suo dio.

Mentre gli inseguitori guadagnano comunque terreno, l’esercito di Karl Franz entra nella Gola dell'Eco, un canyon stretto e sinuoso. Gelt convince l’imperatore a proseguire, mentre lui cercherà di guadagnare il tempo necessario affinché i fuggitivi possano prendere contatto con gli abitanti della foresta e chiedere aiuto. I nani, testardamente, si rifiutano di abbandonarlo.

La battaglia che ne segue rivela ancora una volta come l’imprudenza, la temerarietà e la furia con cui Skarr si lancia allo scontro, possano portarlo a clamorosi insuccessi. L’artiglieri e le armi da fuoco naniche, rinvigorite dalla vicinanza della Personificazione di Chamon, sono devastanti, mentre Gelt mette il Khornita e le sue truppe di élite in condizione di non nuocere grazie a potenti incantesimi che li imprigionano in bolle di metallo dorato.

Nonostante questi temporanei successi, una profonda inquietudine cresce nel mago che avverte una presenza maligna ed imperscrutabile che non riesce a comprendere. Improvvisamente, attraverso uno squarcio nella realtà, la spada del dio del sangue in persona si abbatte sulla gola, mietendo vittime tra i difensori, provocando frane e slavine, liberando i suoi seguaci dagli incantesimi del metallo e riversando fiamme sui loro nemici.

Le linee dei nani sono allora gettate nello scompiglio e di questo approfittano Skarr ed i suoi seguaci. La battaglia diventa una mischia furibonda, ma grazie al fatto che, evidentemente, il dio a rivolto lo sguardo altrove, Gelt riesce a rendere nuovamente efficaci armi ed armature dei suoi alleati.

Nonostante l’eroismo dei nani e dell’Incarnazione di Chamon, lo scontro sembra comunque segnato. Il muro di scudi dei nani cede in diversi punti e Gelt non può essere ovunque per ridare speranza. I figli di Grimnir sono ormai come isole in un mare di nemici e rinforzi continuano ad affluire a peggiorare la situazione.

Hammerson e Gelt scambiano quelle che credono essere le loro ultime parole, quando, improvvisamente, l’ingresso della gola si accende di fuoco, impedendo agli accorrenti Khorniti di rinforzare ulteriormente gli Skaramor che combattono nel crepaccio. Fenici pirardenti planano nella gola per mantenere acceso il muro di fuoco che impedisce alla retroguardia degli Skaramor di entrare. Nella loro furia, sono interi clan di guerrieri che restano inceneriti nel tentativo di attraversarlo.

In sella a Ashtari, Caradryan si unisce alla mischia, seguito dalla sua schiera del fuoco. Skarr si rende conto che la battaglia è persa e, sebbene il suo dio sia stato gratificato di tutto il sangue versato nello scontro, non c’è né gloria né onore nella sconfitta. Cerca allora il riscatto scagliandosi contro il capitano della Guardia della Fenice; riesce ad uccidere Ashtari, ma Caradryan la vendica subito dopo. Appiedato, il capitano viene presto circondato dai seguaci di Skarr.

Convinto di essere vicino alla sua fine, Caradryan leva una silenziosa preghiera ad Asuryan. Il dio non può ascoltarne la supplica, perché il suo destino è stato segnato nello scontro con Khaine sull’isola di Ulthuan; ma l’invocazione dell’elfo non resta inascoltata. Aqshy, il vento del fuoco, avverte la disperazione di uno spirito affine e soffia verso la Gola dell’Eco. In pochi istanti raggiunge la destinazione abbattendosi sulla mischia intorno a Caradryan.

Dall’esplosione, fulgenti come una meteora, emergono indenni la rinata Ashtari ed il capitano della Guardia della Fenice, la nuova Incarnazione di Aqshy.

Con il potere del fuoco al suo comando, le sorti della battaglia sono ormai segnate per gli Skaramor che vengono dispersi nelle montagne circostanti e lì eliminati dagli spiriti della foresta.

(continua)
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Nuovo episodio... una piccola anticipazione...
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Primavera – Autunno 2528 (4a parte)
Sylvania – Distrazioni e distruzioni (ep. 53)


Mentre le legioni demoniache di Nurgle puntano al cuore del domino di Nagash, rinforzate ad ogni passo con cui Isabella sfiora il suolo di Sylvania, la missione di Mannfred ha successo. Neferata accetta di combattere al fianco del suo padrone, in cambio della sua arcirivale, Khalida.

Con il ritorno dei due vampiri, Arkhan può completare la fase finale del suo piano difensivo. Ai due mortarchi saranno affidati le due ali delle legioni non-morte, in gran parte composte dagli eserciti di Nehekhara che hanno seguito il signore della non-morte; al centro dello schieramento si schiereranno gli ultimi re dei sepolcri risparmiati da Nagash, mentre Krell e la sua guardia del corpo saranno tenuti in riserva, lungo l’istmo che collega la Piramide Nera alla terra ferma. È lì che Arkhan conta di attrarre Isabella, individuata quale il fulcro dell’esercito nemico e la chiave per la vittoria finale, per far scattare la trappola definitiva. Nascosti nel lago di energie magiche della morte, legioni di Morghast, i più fedeli servitori del Grande Negromante, attendono di assalire il nemico a sorpresa.

Il piano sembra svlogersi alla perfezione e, seppur lentamente rispetto alle aspettative di Arkhan, i ranghi dei demoni vengono progressivamente assottigliati. Isabella resta per lo più protetta da alcuni Grandi Immondi, senza entrare nel vivo dello scontro. Impugna in una mano la sua spada e nell’altra un calice dorato.

Quando i demoni riescono ad avanzare lungo l’istmo, Arkhan guarda con soddisfazione il suo piano materializzarsi. Krell avanza mietendo vittime ad ogni colpo della sua ascia, i Morghast eliminano i droni e conquistano il controllo dello spazio aereo sovrastante la lingua di terra, dal quale attaccano i demoni sopravvissuti. Tutto sembra andare secondo i piani.

Finché i cieli non iniziano a tuonare. Nurgle non può tollerare che Isabella fallisca come hanno fatto i Glottkin e riversa nella realtà mortale i nefasti liquami che ribollono nel suo calderone. Da essi emergono nuove legioni di demoni e l’assalto riprende vigore.

Krell si scaglia contro Scrufolox, l’ultimo Grande Immondo rimasto a protezione della Contessa. Arkhan rinnova i suoi sforzi per eliminare gli assalitori dall’istmo, ma, tra le risate di Isabella, Krell viene afferrato ed ingurgitato dal demone maggiore di Nurgle. Arkhan lancia fuochi verdastri sulla vampira, la cui pelle delicata arde finché ella non riesce a dissipare la magia. Adirata, scaglia il contenuto contaminato del calice su Arkhan e si lancia sul Re Liche, cingendogli il collo con le mani e consumandone le ossa grazie al tocco della corruzione. Arkhan lotta disperatamente e fa ricorso alla magia per rallentare il processo di decomposizione, ma Isabella, facendo allora ricorso agli incantesimi necromantici che ancora conosce, ne assorbe ogni energia vitale, uccidendolo e rigenerando, al contempo, le ferite subite in precedenza.

È in quel momento che Nagash esce dalla Piramide. Con semplici movimenti delle dita o con energie che emanano dalle sue cavità orbitali, il Signore della Non-morte elimina ogni resistenza dei demoni sull’istmo e si erge, maestoso e minaccioso sopra la contessa.

“Vampira inetta, di un lignaggio votato alla scomparsa, ho cercato a lungo il tuo spirito tra i morti ed ora comprendo le ragioni del mio insuccesso. Così facilmente abbandoni la tua eredità e cerchi il fallimento misurando il tuo nuovo potere contro il mio?”
Isabella prova per la prima volta paura. Sa di non avere scampo contro un essere così potente. Recuperando il suo contegno, risponde.
“No, potente Nagash. Fraintendi le miei intenzioni. Io non oso sfidarti”.
“Sei entrata nel mio regno non invitata e hai distrutto i miei servi. Di cosa si tratta, allora se non di una sfida?”
Isabella abbassa gli occhi. Nagash avrebbe già potuto disintegrarla, ne è consapevole, ma sa che per il signore della non-morte lei rappresenta un enigma la cui soluzione rappresenta un impulso più forte della volontà di distruggerla.
La contessa prova una strana soddisfazione, più forte ancora di quelle derivategli dall’umiliazione inflitta a Mannfred e dalla morte di Vlad.
Un’esplosione riecheggia dalla profondità della terra.
Isabella solleva nuovamente gli occhi verso il suo interlocutore e con un sorriso compiacuto risponde alla sua domanda.
“Si è trattato di una distrazione”.
Una seconda esplosione, ancora più forte della prima riecheggia nella piana, mentre blocchi provenienti dalla Piramide Nera vengono scagliati in ogni direzione.
Mentre Nagash urla al cielo la propria rabbia, Isabella sa che, non importa cosa accadrà ora, ha già vinto.


Mentre si svolgeva la battaglia in superficie, infatti, alcune squadre di scavatori skaven coordinate da Ikit Artiglio hanno aperto una via sotterranea verso le sale inferiori del mausoleo. Una volta all’interno, nonostante l’attacco di Ushabti animati dal necromante Varisoth, attendente di Nagash durante il suo tentativo di guadagnare l’immortalità assorbendo le energie magiche del lago, gli skaven sono riusciti a piazzare, in qualche modo, tre delle sei potenti bombe al warp di progettazione di Ikit e ad attivarle. Mentre lo stregone ingegnere si mette in salvo, le esplosioni differite mandano in frantumi l’ancestrale dimora del Negromante ed ogni sua speranza di acquisire il potere di un dio.

La furia acceca la mente di Nagash ed egli consuma una buona parte delle energie magiche sin lì acquisite per annientare ciò che resta delle legioni demoniache, anche se Isabella, sfruttando i momenti di incredulo sgomento seguiti alle esplosioni, è riuscita a mettersi in salvo.

Quando Mannfred e Neferata si presentano al suo cospetto riescono a stento a celare la delusione per la sua mancata distruzione. Nagash riporta in vita Arkhan e Krell, nonostante la delusione per il loro fallimento.

Nominata Neferata reggente di Sylvania, diviso fra due scelte ritenute egualmente umilianti, vale a dire accettare di servire gli dei oscuri o combatterli al fianco dei mortali e sullo stesso piano delle altre Personificazioni dei venti, il Grande Negromante decide di mettersi in marcia, assieme ai suoi sudditi, per Athel Lorien.

(continua)
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Titoli onorifici: TUTAN BALDON (quello che porto con più orgoglio);
GRUDGEBEARER ETERNAL (conquistato sul campo di Tilea);
fu SAN BALDO DA BRUXELLES
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Giochi a cui sto giocando (si fa per dire, ovviamente): Kow Armada; Cursed City; Rangers of shadowdeep; WHFB; Mighty Empires; SAGA (Age of Magic e Age of Crusades)

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Kislev: arcieri kisleviti a cavallo (7); Conti vampiro: scheletri (10);
Scenici: osservatorio del teschio; Bretonnia: 12 cavalieri appiedati, 3 pellegrini del graal; Mighty Empires: 3 segnalini eserciti, 3 segnalini nave, 1 segnalini città, 4 segnalini villaggio, 3 segnalini drago

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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Stasera il prossimo episodio, "Alleanze improbabili".
Una piccola anticipazione in immagine...
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Re: Cronache della Fine dei Tempi

Post by Baldovino I »

Autunno 2528 (1a parte)
Athel Loren – Alleanze improbabili (ep. 54)


Be’lakor, seppur contrariato dall’ennesimo sovvertimento dei suoi piani causato dall’arrivo di Skarr, non tarda a pianificare un nuovo corso d’azione per trarre vantaggio dalla situazione attuale. Ha individuato l’obiettivo che gli permetterà di sottrarre al signore della Fine dei Tempi la gloria della vittoria finale. Distruggere la Quercia delle Ere significa alterare inevitabilmente la Trama che tiene unito il mondo. La sua distruzione darà agli dei del Caos la loro vittoria finale e a lui la gloria che gli spetta.
Come arrivare alla Quercia rappresenta però un problema non indifferente. I suoi alleati, Hellebron, Drycha e Coeddill verrebbero assaliti appena avvistati per non parlare dei demoni delle Volte dell’Inverno, i seguaci di Slaanesh.

[nda Coeddil è uno degli Anziani di Athel Loren, fratello dell’uomoalbero Durthu. Durante la Battaglia dell’Angoscia, Calendario Imperiale anno -813, Coeddil, con l’aiuto di Ariel, uccide Cyanathair il corruttore (una delle tante morti di questo essere), figlio del Caos. Sfortunatamente, per cinquecento anni circa, le ferite subite in quello scontro non guariscono e l’infezione cresce finché, in preda alla follia, Coeddil cerca di impedire che si compia il ciclo della rinascita di Orion. Il tradimento viene fermato da Ariel che lo sconfigge e lo condanna all’esilio, assieme ai suoi seguaci, nella parte più oscura di Athel Loren: la Foresta Selvaggia.]

Be’lakor sa di aver bisogno di una distrazione che gli consenta di portare un pericolo reale in prossimità della Quercia in modo che i suoi alleati, nessuno dei quali conosce il vero obiettivo (altrimenti sarebbero i primi ad opporvisi) possano avvicinarsi alla Radura Eterna.

Per questo, il Primo Demone visita le sale di Naieth, la Profetessa, insinuandosi nei suoi sogni. Poiché per una divinatrice quale Naieth il confine tra sogno e realtà è particolarmente labile, è con facilità che Be’lakor riesce ad influenzarne il corso.

Naieth si ritrova a girovagare tra le rovine di Middenheim, dove l’unico edificio a possedere ancora un tetto è il Tempio di Ulric. Al centro della città, uno scavo enorme si perde nelle profondità della terra. Avvicinandosi al precipizio, la Profetessa scorge gli schiavi, principalmente uomini, ma anche nani ed ogri, che continuano a scavare tra mille tormenti inflittigli dai loro aguzzini.

Naieth inizia a scendere lungo i tunnel aperti dagli schiavi, finché non accede ad una caverna, scavata solo parzialmente, costellata di frammenti di stalagmiti distrutte per agevolare il passaggio. Al centro della caverna, sostenuto da due emisferi d’oro, Naieth vede l’oggetto per il quale gli uomini del nord hanno scavato tanto in profondità.

Il globo è nero come la notte; la sua superficie pulsa e si increspa come un liquido. Ogni impulso emana una cupa scintilla di luce che viaggia pigramente lungo le pareti della grotta. La luce è priva di colore, eppure, in qualche modo, contiene tutti i colori. Anche nel suo stato sognante, Naieth percepisce la magia che emana dal globo e può avvertire la corruzione che emana. Vorrebbe allungare le mani per toccarlo, ma sa perfettamente che il globo la distruggerebbe, anche nel sonno. Passeggiando intorno ad esso, si accorge di un guerriero adornato di una armatura possente e nera ed il cui volto è nascosto da un elmo dorato. È attorniato da una congrega di incantatori che attendono in silenzio. Naieth intuisce che l’individuo sta parlando, ma non riesce a distinguerne le parole. Si avvicina, cercando di carpire il segreto di quella riunione; si avvicina ancora… Improvvisamente, il guerriero si gira verso di lei ed il terzo occhio dell’elmo risplende di una luce biancastra. Tutto quello che Naieth può fare è udire le sue proprie grida.

La trappola di Be’lakor ha fatto in modo che Naieth non venga rivelata unicamente ad Archaon, ma anche agli dei oscuri. Presa sotto i loro sguardi inflessibili, la sua fragile anima è consumata in un istante, i suoi avanzi divorati avidamente da Slaanesh e la furia con cui gli dei oscuri si sono avventati su di lei fluisce nuovamente verso il Regno del Chaos, aprendo una fenditura attraverso le sale di Naieth, lasciando un cratere attraverso il quale i demoni delle Volte di Inverno possono forzare il loro passaggio.

L’attacco colpisce a meno di una lega dalla Radura Eterna, gettando nel panico gli elfi che mai avrebbero immaginato di subire un assalto così vicino al loro luogo più sacro. Solo l’arrivo di Malekith ed Ariel riporta un po’ di ordine nei ranghi. Troppo tardi però per impedire ad Hellebron, Drycha e Coeddil di avvicinarsi anch’essi.

Le tre forze distruttrici convergono da direzioni differenti. la Regina del Culto del Sangue proviene da est e si trova fronteggiata dalle forze degli elfi silvani guidate dalle sorelle del crepuscolo, Naestra e Arahan sul drago Ceithin-Har. I demoni si avvicinano da nord e contro di loro si scaglia Malekith con la sua schiera, mentre le driadi e gli spiriti della foresta impazziti di Coeddil e Drycha giungono da sud-est per dar vita ad uno scontro fraticida con gli Anziani e le driadi al seguito della regina Eterna.

Non visto da alcuno, demone o mortale, Teclis in sella a Malhandir (il destriero di Tyrion), entra nelle profondità crinellate dalle radici della Quercia delle Ere, dove trova i resti del corpo di Ariel.

Malekith prende rapidamente il sopravvento sui demoni, mentre Hellebron, rendendosi conto che il suo vero obiettivo, Alarielle, non è nell’esercito che le si oppone, decide di abbandonare lo scontro e mettersi in marcia verso sud-est. Nel fare questo, la megera disdegna qualsiasi prudenza tattica e la sua schiera subisce orrende perdite nella manovra. Sono la Regina Eterna e le sue truppe, quindi, a dover fronteggiare la pressione maggiore. Coeddil, scambiandola per Ariel, si avventa su di lei per trovare l’agognata vendetta, ma viene fronteggiato da Durthu che, alla fine, ha la meglio. Accecata dalla rabbia per la morte del suo leader, Drycha si lancia all’attacco con ancora più foga e l’arrivo di Hellebron, nonostante le perdite subite, complica ulteriormente la situazione di Alarielle.

Be’lakor si muove nell’ombra, ma lo fa con particolare accortezza, temendo che la Personificazione di Uglu, Malekith possa scorgerlo e capirne gli intenti. Quando il Re dell’Eternità, però decide che lo scontro con i demoni di Slaanesh è ormai definito e che è tempo di muoversi in soccorso della sua consorte, è un’altra l’ombra che scorge. L’assassino Lama di Tenebra, fedele servitore di Hellebron, si scaglia su di lui uscendo dall’oscurità. Il duello che ne segue vede due combattenti formidabili fronteggiarsi sulla schiena e le ali del Drago Nero, Seraphon. Malekith subisce ferite, i cui spasmi sono acuiti dal veleno utilizzato dall’assassino, ma, facendo ricorso alla magia dell’ombra, riesce a sorprendere il nemico alle spalle ed eliminarlo. Il veleno ucciderebbe chiunque ma non l’ex sovrano degli Elfi Oscuri che quotidianamente ha assunto piccole dosi dell’elemento tossico preferito da Lama di Tenebra, proprio per prepararsi ad un’eventualità del genere.
È comunque un Re indebolito quello che arriva in soccorso della regina. Il veleno non sarà sufficiente ad ucciderlo, ma a stordirlo sicuramente. Be’lakor ritiene quindi giunto il suo momento ed, uscendo dall’oscurità si avvicina alla Quercia, pronto ad assaporare il momento del suo trionfo. Avverte il potere emanato dall’albero pulsare di fronte a lui e sa come contorcerlo e disfarlo. Il Primo-Dannato conficca i talloni nella scorza dell’albero. La Trama viene scossa immediatamente, l’equilibrio che governa il mondo dei mortali alterato e profanato. Il cielo si oscura e dalla terra si eleva un brontolio di dolore. Attraverso tutta Athel Loren, la forza degli spiriti della foresta svanisce e Drycha, finalmente, comprende l’inganno del Demone. Abbandona lo scontro con Malekith e si lancia verso la Quercia delle Ere. Il Re dell’Eternità approfitta del momento e lancia il suo drago sullo spettro dei rami, annientandolo.

Le risate di Be’lakor crescono di intensità, mentre avverte lo sguardo degli dei che si posa finalmente su di lui, attratto dalla corruzione che sta seminando nel mondo. Affonda ulteriormente i propri artigli, per recidere le radici della Quercia e si prepara a trionfare.

Improvvisamente, una luce accecante emerge dalla Quercia, di una tale intensità e purezza da bruciare la stessa pelle del demone. Simultaneamente, mentre la Trama trova un temporaneo bilanciamento, i tremori del suolo si affievoliscono ed il cielo si schiarisce.

Be’lakor urla di dolore e toglie i suoi talloni dall’albero, ma la luce non diminuisce. All’improvviso, intuisce all’interno di questa luce, la forma di un cavaliere dall’elmo imponente. Dopo alcuni istanti in cui i due si fronteggiano, protendendo verso il nemico una spada fiammeggiante, il Principe Tyrion in sella al suo fedele destriero carica Be’lakor.

Le demonette al seguito del Primo-dannato, spaventate dalla purezza di quella luce, si danno alla fuga. Anche i cultisti più feroci avvertono la loro follia omicida abbandonarli e si inginocchiano, chedendo pietà per i loro crimini. Solo Hellebron resta indenne a questa conversione ed abbandona il campo di battaglia, realizzando la propria sconfitta e covando perfidi intenti di vendetta.

Anche Be’lakor sarebbe fuggito, ma, avvertendo crescere la risata derisoria degli dei oscuri, decide di opporsi al nuovo venuto, lanciandogli contro ogni proiettile magico possibile. L’attacco avrebbe forse potuto avere ragione del vecchio Tyrion, ma il Principe di Cothique è ormai un essere profondamente diverso da quello che fu. Purificato dalla maledizione di Aenarion grazie alla morte, riportato in vita grazie alla magia latente nelle ossa di Ariel e nel Cuore di Avelorn, riunito con la propria spada ed il proprio destriero, fortificato dalla Fiamma di Ulric rubata da Teclis a Middenheim, egli era ormai il degno campione pronto a divenire la Personificazione di Hysh, il vento della Luce, che suo fratello aveva tenuto albergato nel Bastone di Lileath sin dalla distruzione del Vortice. La sua stessa essenza è ormai anatema per tutti i servi del Chaos.

Umiliato ancora una volta, cercando di ignorare le crudeli risate dei suoi dei, Be’lakor fugge nell’ombra.

È con profonda diffidenza che gli elfi accolgono Tyrion, Malekith per primo, temendo che lui ed Alarielle possano cospirare contro di lui. Anche la Regina Eterna, dal canto suo, i suoi sentimenti per il principe custoditi all’interno del cuore di Averlorn ormai consumati, ricorda soprattutto le crudeltà e le efferatezze dell’avatar di Khaine che Tyrion rappresenta, in ciò imitata da tutti gli altri leader degli elfi. Teclis solo cerca di spiegare agli altri l’inesorabile cambiamento del fratello e la necessità dell’unione di intenti degli Incarnati per sconfiggere il Chaos.

Le parole del mago vengono rafforzate dall’improvviso arrivo di Caradryan e dei sopravvissuti di Averheim. È immediatamente evidente a Malekith ed Alarielle che anche Caradryan stesso e Gelt padroneggino un potere simile al loro e, al tempo stesso percepiscono le tracce di Azyr su Karl Franz. Quando finalmente gli elfi decidono di accogliere i nuovi venuti ed ammettere al consiglio di guerra i loro capi, nessuno si accorge di un cenno d’intesa fra Tyrion e l’Imperatore.

(continua)
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