Il vecchio necromante si passò un dito rugoso sulla lingua prima di voltare una delle pagine del suo Liber Mortis. Gli occhi gialli e infossati scorrevano rapidamente il tomo alla ricerca di una parola mancante, mentre l’altra mano poggiava su una creatura a scaglie, con accanto diversi tendini, ali e carne putrescente su tavolo.
«Quando l’esperimento tende a…controllare la staticità del flusso necomantico…si, si, questo lo so – borbottava il Necromante, leggendo velocemente il tomo – ah ecco qui! “Fondere gli arti plasmandone l’essenza in uno dei due, facendo attenzione a non mutare la natura degli stessi»
Heinrich Kemmler, continuando a borbottare, si voltò verso il suo tavolo, e prese ad armeggiare con la materia organica in suo possesso. Ogni tanto puntava il bastone verso “la creatura”, borbottava qualche parola incomprensibile, e un bagliore verde la attraversava. Fuse le ali da pipistrello al corpo, e altri piccoli artigli e zanne.
Presto, la creatura iniziò ad assumere la forma di un rettile con le ali da pipistrello. Kemmler, con un ultimo incantesimo, diede infine vita al suo esperimento.
La creatura, scossa da un tremito infernale, aprì gli occhi gialli da rettile, alzò il muso verso Kemmler, e emise un breve verso. Il Necromante si sciolse in un sorriso deformato.
«Ciao, creaturina di papà! Ma che belle scaglie che hai! Questa notte papino ti porta a fare un giretto» canzonò Kemmler
«E’ ufficiale, Morgir, il nostro buon Kemmler si è bevuto il cervello» esordì Cuore di Tenebra, entrando nella cripta, con l’Elfa al seguito. Kemmler, per lo spavento, rovesciò qualche contenitore contenente del melmoso liquido marrone-verde, mentre la creatura gracchiò e volò su una trave. Kemmler si voltò verso i due nuovi arrivati.
«La mia sanità non deve essere messa in dubbio da voi due!» berciò il Necromante puntando un dito storto e smunto verso di loro.
«Arrivi a parlare amorevolmente con le tue creazioni, Kemmler, ormai sei vecchio» disse Cuore di Tenebra con un sorriso storto, mentre si sfilava il mantello. Morgir girava altezzosa e disgustata per la cripta «Ogni volta questo posto è sempre più lercio e disgustoso, Kemmler, puoi anche dargli una sistemata quando ospiti una signora del mio calibro»
«Si, signora del tuo calibro… una pazza furiosa alla quale hanno insegnato a lanciare due incantesimi» gracchiò Kemmler, ridacchiando
«Basta beccarvi. Mi sono già bastati due giorni di Morgir per sentire amenità varie» disse Cuore di Tenebra mentre, rimasto a torso nudo, di avvicinò ad un pozzo per darsi una rinfrescata
«Ah, giusto, come mai siete qui da soli? – li punzecchiò Kemmler – Non avreste dovuto tornare accompagnati?»
«Colpa di quel codardo di Cuore di Tenebra» rispose pungente Morgir, osservando Cuore di Tenebra
«Ah, colpa mia? Quando sei tu che per due giorni non hai fatto altro che mandare a monte i miei piani? La colpa è tua, Morgir, se ci è scappata la maga della Luce»
«Non ricordo di essere stata io a fuggire come un coniglio bagnato di fronte a quel mollaccione di Veranion e quel vecchio rimbambito di Hagran» continuò l’Elfa
«Veranion? Hagran?» gracchiò Kemmler, passando lo sguardo dall’uno all’altra
«Si, a quanto pare erano sulle tracce della maga della Luce. E adesso, grazie al nostro grande capo Cuore di Tenebra, ci è sfuggita e l’hanno presa loro» concluse Morgir
«Eviterò di rispondere a Morgir, Kemmler, mi basterà raccontarti tutto con calma, per ora dirò che mi trovavo in inferiorità numerica. Ciò comunque non cambia la sostanza delle cose: abbiamo mancato la preda. Per questo motivo, dovrò fare visita al capo per ricevere nuove istruzioni e – continuò tagliente il mezzelfo guardando Morgir – in qualità di comandante e per far sì che non si dica che sono uno smidollato, mi assumerò tutta la responsabilità del fallimento, come giusto. Ma Morgir, io la verità al capo la racconterò, e posso dirti: manda a monte un'altra missione, e ti ucciderò con le mie mani». Morgir non disse nulla, ma guardava Cuore di Tenebra con odio profondo.
«Sono d’accordo con te, Cuore di Tenebra, ma mentre tu sarai via, noi cosa dovremmo fare qui?» chiese Kemmler, strizzando gli occhi giallognoli per vedere il mezzelfo nella penombra
«Oh, dedicatevi a quello che più vi pare» rispose sardonico Cuore di Tenebra
Morgir, altezzosa, si girò e si recò verso uno dei locali della cripta, quello di norma nel quale lei soggiornava.
Cuore di Tenebra si sedette ad un tavolo di pietra. Kemmler lo raggiunse e si sedette vicino a lui.
«Quello che racconterai al capo, sono affari tuoi, ma adesso siamo in una situazione scomoda»
«Vero. Ci è sfuggito un bersaglio, e se conosco Veranion, ci impiegherà poco a portarla dalla sua parte. Era importante mettere le mani su di lei più che altro per la nemesi che costituisce lei per me e io per lei»
«Intendi…luce e ombra?»
«Ovviamente. È di primaria importanza forzare gli equilibri nello scontro. E abbiamo solo più un’occasione per portare dalla nostra una nemesi»
«Già – convenne Kemmler – ora però ci poniamo tutti nelle mani del capo»
«Infatti, partire per avvisarlo sarà la prima cosa che farò domani all’alba. Ora è notte, mi riposo un po’»
«E sia. Io completo alcuni esperimenti, poi, non appena sarai di ritorno, vedremo il da farsi. Credo proprio – aggiunse il vecchio con un sorriso malvagio – che sia giunto il momento di risvegliare…Krell»
“Asthor’te raman. Damandor thai te athan”
Il volto di Hanuriel gli passò di nuovo davanti, mentre pronunciava quelle parole.
“Khaileth, hamadeth wan’odon, moethor’ath ilysneth”. Il ragazzino più giovane, guardava suo fratello, in cerca di un segnale di muoversi.
“Shed’mah, Hanuriel!” lo zittì bruscamente il fratello maggiore.
«Khaileth! Vieni subito qui, ragazzo!». La brusca voce umana interruppe i due.
Khaileth, il maggiore dei due, sussurrò un comando al fratello che annuì e non si mosse, e poi si alzò e andò dal padre.
«Eccoti, ragazzo. Bene. Lo stregone, Gul’dakhn, vuole parlarti». Il grosso predone Norsmanno si alzò, lasciando il posto ad un vecchio rugoso con un mazzo di tentacoli che spuntavano da una manica della veste, al posto della mano vera.
«Khaileth, giusto? – berciò lo stregone – bene! Tuo padre ha chiesto di imprimerti la benedizione di Tzeentch. Da oggi, verrai consacrato a lui»
Khaileth non aveva la minima voglia di farsi marchiare da Tzeentch. Le divinità di suo padre non lo interessavano. Lui non era un Norsmanno. Quello che gli interessava era andare a finire il lavoro assieme a suo fratello.
Per un istante si immaginò il vecchio sgozzato, e la mano gli scivolò involontariamente verso il suo pugnale. Il vecchio vide il gesto, e gridando lo mandò a sbattere contro il muro, con un colpo del suo bastone.
«Ah, il giovine si ribella!» starnazzò Gul’dakhn
L’ultima cosa che udi prima di cadere svenuto, furono le irate parole del padre, non per lui, ma per il fratello.
«Cosa stai facendo, Hanuriel? Cosa sono quelle pietre viola?». Sentì delle parole confuse del fratello, mentre il padre probabilmente stava per punirlo. Cadde svenuto.
Cuore di Tenebra si svegliò di soprassalto.
Un’altra notte piena di incubi. “Cosa diavolo sta accadendo?” si chiese, senza riuscire a darsi una risposta.
***
Lythande si guardava attorno stupita per la bellezza del luogo. Tutto intorno a lei vi erano alberi verdi e rigogliosi, e un ruscello scorreva tranquillo. Il luogo pareva fatato.
Svoltata una curva del sentiero, un piccolo tempio apparve alla vista dei tre. A Lythande ricordava una delle cappelle devote a Sigmar che drappeggiavano il suolo dell’Impero, ma questa, sebbene simile, aveva qualcosa di diverso. Un grosso stemma a forma di calice occupava lo spazio sopra all’entrata, mentre finestre e trifore decorate, sopra ad essa, davano luce all’interno.
“Bretonnia” pensò Lythande “Ecco perché è un ambiente diverso, ma pur sempre a me familiare”. Non aveva mai messo piede prima di quel momento nella terra dei Cavalieri, e di colpo si sentì come una grande viaggiatrice, alla scoperta dei luoghi del Vecchio Mondo. Quasi subito, però, si sentì stupida. “Sei solo una maga, Lyth, e neppure troppo dotata – si disse – vediamo di capire come mai risulti così interessante per tutti da due giorni a questa parte e vediamo cosa vogliono questi due maghi, altroché viaggiatrice!”.
Hagran, raggiunto il portone, lo aprì. Due soldati, armati di cotta di maglia, e recanti un simbolo sul petto simile al calice sul tempio, lo accolsero. Hagran li salutò e li congedò, facendo cenno a Veranion e Lythande di entrare.
Veranion, che doveva essere stato lì già altre volte in passato, entrò con passo sicuro, poggiando il bastone e appendendo il mantello in un apposito spazio all’interno della cappella. Lythande varcò insicura la soglia, e Hagran le sorrise incitandola a non aver paura.
«Tranquilla, Lythande, qui siamo al sicuro. Ci troviamo, se non lo avessi capito, in Bretonnia, la mia terra patria, e questo è un santuario sicuro, dedicato alla Dama, la dea dei Bretoniani»
Lythande ascoltò appena, persa dalla bellezza interna del luogo: era molto luminoso, colorato e spazioso, e con un qualcosa di sacro e magico che aleggiava. Un altare con un calice d’oro era situato al centro della navata principale, mentre qui e là vi erano dei cavalieri inginocchiati intenti alla preghiera.
Hagran li condusse verso una porta laterale, che aprì badando a fare il minor rumore possibile. Richiuse la porticina alle loro spalle, e accese alcune torce, illuminando lo stretto corridoio di pietra, decisamente più freddo ed umido del santuario. Li precedette e, dopo una decina di metri, si trovarono di fronte un’altra porta. Hagran armeggiò con un leggero mazzo di chiavi e presto la porticina fu aperta.
«Bene, questo è il mio studio privato. In quanto mago fidato di Re Louen, ho diritto a rimanere qui per studiare, e nel contempo proteggere il santuario assieme ai cavalieri che hai visto prima» disse a Lythande
«Ma quindi qui possiamo parlare al sicuro?» chiese Lythande
«Certo, è il luogo dove di solito io e Hagran ci incontriamo per lavorare e pianificare il da farsi recente» rispose garbatamente Veranion
Hagran li pregò di accomodarsi, indicando loro delle sedie attorno al tavolo, coperto di fogli, libri e scartoffie, mentre lui aprì un paio di finestre che contribuirono parecchio a far entrare luce nel locale.
Appena si furono seduti e Hagran ebbe riesumato sorridente da uno scaffale una bottiglia di vinello Bretoniano con il quale lui e Lythande – che accettò l’offerta – si dissetarono (Veranion scrutò diffidente la bottiglia: in quanto Elfo non reggeva il normale vino umano), l‘Alto Elfo, infine, prese la parola.
«Lytande, ti sarai chiesta e richiesta mille volte cosa stia succedendo, e quale parte possa mai giocare tu in tutto questo. È arrivato infine il momento di spiegarti tutto. Cercherò di essere il più chiaro possibile». Veranion fece una pausa. Lythande non mosse un muscolo, in attesa.
«Come sicuramente saprai, la magia scorre liberamente in tutto il mondo, in alcuni luoghi più forte, in altri più debole. Ma essa, nella sua totalità, e quindi i suoi venti, giunge attraverso i portali Warp, ormai collassati da millenni, situati ai poli del pianeta. Ed è a causa di questi portali che le mostruosità del caos possono comparire e sopravvivere laddove vi sia una fonte magica sufficiente.
Come sai, i venti della magia sono otto, come otto sono i saperi che gli Alti Elfi hanno sviluppato da questi venti nel corso dei millenni, poi insegnati anche a voi umani. Parliamo di otto venti comuni, benché essi siano 10, nella loro totalità: contiamo anche Qhaysh e Dhar, i venti dell’Alta Magia e della Magia Oscura, arti sconosciute a voi umani, ma praticate dalle razze elfiche…o quasi tali» concluse Veranion con una punta di disprezzo
«Ora, ognuno dei venti, senza entrare nello specifico, cosa che ci porterebbe via settimane se non mesi, ha le sue proprietà, caratteristiche e segreti, e ognuno di essi ha un’inclinazione e un particolare effetto sul mondo circostante. Tranne l’Alta Magia, che li comprende tutti e risulta nel complesso, neutra, l’effetto di ciascun vento può essere benevolo o dannoso, così come tale può essere l’inclinamento degli stessi»
«Un po’ come se avessero volontà… propria?» chiese Lythande
«Si, in un certo modo possiamo definirla la loro volontà. E, il punto che ci interessa si sta avvicinando, ognuno di essi, grazie a questa “volontà propria” completamente insindacabile, può avere influenza sugli esseri viventi. Da qui nasce il fenomeno studiato da Teclis, degli Avatar»
«Avatar?» chiese Lythande
«Gli Avatar. Conosciuti anche con il nome di Prescelti dei Venti o, in alcuni casi, Padroni dei Venti. Si tratta di individui, di una rarità estrema, che hanno un dono naturale, concesso dal vento stesso, al dominio e all’uso di quella particolare arte. Questa sintonia con i venti stessi li rende estremamente potenti e conferisce numerose altre abilità. O forse dovrei dire, ci rende» aggiunse Veranion con un sorriso
«Ci rende? Quindi…io e te siamo Avatar?» chiese Lythande, confusa
Veranion rise «E non solo, anche il buon Hagran è un Avatar. E, tanto per completezza, lo sono anche Cuore di Tenebra e Morgir. Tutti Avatar. I discorsi che ti ho fatto poco fa sulla loro rarità nel mondo paiono in questo periodo alquanto approssimativi, in effetti»
Lythande faceva fatica a capire tutto e a credere a quello che l’Elfo le stava dicendo. «Ma io non posso essere un’Avatar! Non ho nessun tipo di controllo particolare sull’arte della Luce, men che meno sul vento di Hysh»
«Questo tipo di cose non si manifesta in giovane età se non in casi eccezionali. Ci vanno decenni perché di solito un mago se ne accorga. Io l’ho scoperto circa centotrenta anni fa, quando ne avevo più o meno trecentosessanta» ricordò Veranion, sovrappensiero. Lythande e Hagran risero.
«Comunque sia, Lythande, stai sicura, sei un Avatar. Oggi hai combattuto contro una delle più forti maghe Oscure in circolazione e chiunque abbia la tua esperienza che, in rapporto a quella di Morgir, non è molta, ne sarebbe uscito ridotto in cenere. Hysh ti ha donato parte della sua forza, oggi, per questo sei qui» disse Veranion
«D’accordo – replicò Lythande, preparandosi all’idea di dover iniziare a farsi piacere quello che stava succedendo – però adesso vorrei sapere cosa succederà, se possibile» chiese, guardando i due maghi.
Hagran sospirò. «L’unica cosa che possiamo fare: cercare di raggiungere quanti più Avatar possibile, prima del nemico. In base alle nostre fonti, ce ne sono ancora due a piede libero. Tre, contando te oggi, aderiscono apertamente alla nostra causa, quattro sono dalla parte del nemico e uno è neutrale, ma si schiererà presto con noi, qualora ne risulterà la necessità»
«Si, Ranu non è un problema da convincere. – corcordò Veranion – Però, il fatto è che dobbiamo assolutamente trovare almeno un altro Avatar e indurlo ad unirsi a noi. Abbiamo indicazioni precise, e dobbiamo muoverci prima che il nemico arrivi in tempo per anticiparci oppure ucciderlo qualora non riescano nel loro intento. Dobbiamo muoverci»
«Va bene, andiamo. Spero solo di non essere d’impaccio» disse Lythande
«Nessun Avatar è mai di impaccio. Nel bene e nel male. Lo scoprirai presto» concluse Veranion.
***
Ed ecco l'ultima parte, che conclude il mio lavoro ma nella storia complessiva conclude a malapena la prima parte della trama principale, con ancora una trama secondaria appena accennata (i sogni di Cuore di Tenebra) e un'altra trama secondaria nemmeno accennata.
Spero non si noti eccessivamente che è solo la fine di una parte (prima dei 5 minuti di pubblicità, per intenderci!
) e che si colga comunque lo sviluppo della trama.
In seguito, extra contest, pubblicherò le vicende successive, già nella mia testa ma non ancora su word, quindi ci andrà un po'.