... e per gli storici...
L’INDOVINELLO NELLA MITOLOGIA E NELL’ANTICHITA’
L’indovinello più antico che si conosca é quello famosissimo della Sfinge.
Costei era un mostro alato, dalla Testa di donna e dal corpo di leone, inviato a Tebe da un dio (secondo alcune versioni Apollo, secondo altre Era) per vendicare un’offesa.
La Sfinge attirava i giovani tebani in un luogo solitario oppure entrava nella cittadella e interrogava le sue vittime.
Seduta su un muro o su una roccia proponeva il celebre indovinello:
Quadrupede cammino
Nel primo mio mattino;
Ho due gambe sole
Allor che alto é il sole;
Ma di tre gambe, dopo
Che il sol discese, ho d’uopo.
Se l’uomo interrogato non sapeva rispondere alla domanda, come accadeva inevitabilmente, la Sfinge lo catturava e lo portava via con sé per divorarlo.
Se qualcuno un giorno fosse stato in grado di dare la risposta giusta, la Sfinge si sarebbe data da sola la morie gettandosi da una rupe.
Creonte, reggente di Tebe, offrì il regno a chiunque fosse stato in grado di rispondere ll’indovinello, liberando così la città dall’incomoda presenza del mostro.
Edipo, figlio adottivo del re di Corinto, trovandosi in viaggio verso Tebe, venne avvicinato dall’orrenda creatura e la sua risposta fu:
<<Tu vuoi dire l’uomo, il quale quando nasce cammina sui piedi e sulle mani, nel pieno della vita cammina ritto sulle gambe e infine quando diventa vecchio si appoggia a un bastone come fosse una terza gamba.»
La Sfinge mantenne la promessa e si uccise mentre Edipo entrò trionfalmente in Tebe, dove gli venne offerta la corona.
Gli indovinelli hanno sempre avuto un legame molto stretto con gli oracoli, cioè con i responsi che una divinità dava a chi la interrogava sugli avvenimenti futuri.
Uno dei più noti é quello di Delfi, dove il tramite fra il dio e gli uomini era una donna, la Pizia, che dava i responsi quando entrava in uno stato di estasi medianica.
Le risposte degli oracoli erano sempre ambigue, traditrici, colme di allusioni remote e di perifrasi oscure, tanté vero che potevano essere interpretate in svariati modi.
Per esempio a Epaminonda, famoso condottiero, fu detto che si guardasse dal mare (pelagos, in greco), per cui da quel momento egli evito di salire sulle navi.
Sennonché Pelagos era anche il nome di un querceto dove il povero Epaminonda fu ferito a morte.
ll tebano Tiresia, reso cieco dalla collera di un dio, godette grande fama per l’infallibilità delle sue predizioni.
Mori durame la caduta di Tebe a opera degli Epigoni, caduta che egli aveva naturalmente predetto al re Laodamante.
Anche da morto continuò a vaticinare, tant’e vero che, quando Ulisse si reco nel regno dei morti, gli narro tutto quello che gli sarebbe accaduto durante il viaggio verso Itaca, della sua reggia occupata dai pretendenti di Penelope e, dopo la vitroria sui Proci, della serena vecchiaia accanto alla fedele moglie ritrovata.
Cleobulo, uno dei Sette Savi, e sua figlia Cleobulina sono ricordati tra i più prolifici e felici autori di indovinelli in versi.
Si racconta poi che Licero, re di Babilonia, risultava sempre vincitore nelle gare di enigmi che sosteneva con gli altri sovrani del suo tempo, perché alla sua corte aveva Esopo, celebre favolista, non meno famoso per la sua saggezza.
Un giorno il faraone d’Egitto, Nectanebo, gli mando questo indovinello:
Un grande tempio poggia su di una colonna
E questa é circondata da dodici città
Ciascuna di queste città ha trema pilastri
E presso di ognuno di questi vi sono due donne
Una bianca e l’altra nera che ne misurano il giro
Esopo risolse cosi l’enigma:
<<ll tempio é il mondo, la colonna l’anno, le dodici città i mesi e i pilastri i giorni; la donna bianca e il giorno, quella nera la notte; e queste rischiarano e gettano nell’oscurità i pilastri.»
Secondo una leggenda, il sommo poeta Omero mori di crepacuore per non aver saputo interpretare un indovinello che gli era stato proposto dai pescatori di los:
Quello che abbiamo preso lasciamo
Quello che non abbiamo preso portiamo
La soluzione é "i pidocchi".
Questo indovinello lo ritroveremo nel corso dei secoli nelle più svariate parti del mondo.
Per concludere con gli amichi greci, diremo che nell’Ellade ci si divertiva spesso e volentieri con ogni sorta di gioco di parole, compresi naturalmente gli indovinelli.
A tavola fioccavano gli enigmi e le domande bizzarre, fra cui la celeberrima:
<<E nato prima l'uovo o la gallina?»
Passando dai greci ai romani anche qui ci imbattiamo negli oracoli, tra cui il più celebre é quello di
Cuma, presso Napoli, dove operava la Sibilla.
Famose le sue risposte a doppio senso come:
<<Regina nolite occidere timere bonum est»,
che, a seconda del posizionamento delle virgole significava:
<<Non uccidete la regina, dovete rispettarla», ma anche:
<<Non temete di uccidere la regina, é cosa ben fatta».
Famosissimo é l'oracolo che si dava a chi doveva partire per la guerra:
<<Ibis redibis non morieris in bello». Anche qui due significati:
<<Andrai, tornerai, non morirai in guerra»,
oppure: <<Andrai, non tornerai, morirai in guerra».
L’oracolo di Dodona, a Pirro re dell’Epiro, che progettava di combattere contro Roma, rispose: <<Aio te Eacida Romanos vincere posse».
Le due interpretazioni sono:
<<Tu potrai vincere i romani» e
<<I romani potranno vincerti».
Ma ecco come Apuleio, nel suo Asino d’oro, ci offre un altro esempio di questo modo di vaticinare:
Quei purissimi sacerdoti dimorarono in quel paese pochi giorni, mantenuti dal popolo, ricavando bei guadagni dalle loro predizioni. Poi escogitarono un nuovo metodo per far quattrini. Compilarono un solo responso, che si adattasse alla maggioranza dei casi, e con esso si prendevano gioco di tutti quelli che andavano a consultarli sui più svariati argomenti.
Il responso era questo: << Per questo i buoi aggiogati tracciano solchi nel terreno: perché nel futuro germoglino rigogliosi i seminati».
Se li interrogava chi voleva contrarre un matrimonio, dicevano che il responso era chiaro: si doveva sposare e procreare molti figli; se chiedeva consiglio chi aveva intenzione di comprare delle terre, affermavano che l’oracolo prometteva un buon raccolto. A chi chiedeva l’augurio divino prima di mettersi in viaggio, assicuravano che i buoi aggiogati, essendo tra gli animali più mansueti, indicavano tranquillità, mentre buoni guadagni erano promessi dall’oracolo che parlava di campi rigogliosi.
Se poi qualcuno, accingendosi a partire per la guerra o a far parte di una banda di briganti, li
consultava per sapere se avrebbe conseguito un buon guadagno, affermavano che secondo il responso la vittoria era certa, perché i nemici si sarebbero piegati sotto il giogo come i buoi e la preda delle rapine brigantesche sarebbe stata grande e fruttuosa come un buon raccolto.
Con questa astuta e ingannevole predizione riuscirono a mettere insieme non pochi quattrini.
In una commedia di Plauto si trova un indovinello latino che si enuncia così;
<<Homo trium literarum», che si traduce: <<E un uomo di tre lettere>>.
La soluzione e “il ladro", che in latino si diceva fur, parola appunto di tre lettere.
Anche la Bibbia è ricca, più che di indovinelli veri e propri, di citazioni che li includono.
Nel Primo Libro dei Re si narra della visita che la regina di Saba fa a Salomone, nel corso della quale gli propone vari enigmi che però non vengono riportati.
Nel corso dei secoli innumerevoli studiosi hanno cercato, consultando le fonti più svariate, di scoprire la natura di questi enigmi.
Secondo Giuseppe Gabrieli la regina chiese: <<Che cosa è: pozzo di legno, secchia di ferro, si attigne pietra, e si fa scorrere l’acqua?»
Salomone rispose <<ll bossolo dello stibio». Le donne orientali credevano di dare risalto agli occhi soffregandoseli all’intorno con un minerale denominato appunto stibio. Ora il bossoletto che lo conteneva era di legno (pozzo di legno); se ne prendeva una piccola quantità con una puma di ferro (secchia di ferro); lo stibio é una pietra; fa correre l'acqua perché sul momento fa lacrimare.
La seconda domanda fu: <<Che cosa è come polvere dalla terra esce, e il suo cibo é polvere della terra, scorre come acqua e guarda in casa?»
Risposta di Salomone <<La nafta», che altro non é se non è se non ciò che noi chiamiamo petrolio, che si estrae dalla terra come se fosse polvere e dalla terra e formato; é liquido e quindi scorre come acqua, guarda in casa perché adoperano anche nell’antichità per illuminare.
Terza domanda : <<Che cosa e quello sul cui capo scorre un vento tempestoso, e manda un grido stridulo, e piega il suo capo come un giunco; é vanto ai nobili, spregio ai poveri; vanto ai morti, spregio ai vivi, gioia agli uccelli, dolore ai pesci?» Risposta: <<Il lino>>. Infatti il lino, impiegato per le vele delle navi, é agitato dal vento impetuoso, stride e si piega; nei ricchi vestiti dei nobili é il loro vanto, spregio ai poveri nei loro cenci, vanto ai morti nel loro bianco sudario, spregio ai vivi quando é impiegato nelle corde per legarli, gioia agli uccelli, che ne beccano i semi, dolore ai pesci, che sono presi nelle reti fame pure di lino.
La Bibbia poi ci riferisce, questa volta per esteso, l’indovinello di Sansone, riportato nel Libra dei Giudici.
Il celebre forzuto si innamora di una donna filistea e ottiene, vincendo l’opposizione dei genitori, di poterla sposare. Sulla via per Timnat, dove vive la ragazza, Sansone é assalito da un leone. Naturalmente Sansone fa a pezzi il malcapitato felino, per poi avviarsi tranquillamente dalla fidanzata. Alcuni giorni dopo, facendo la stessa strada, ritrova la carogna del leone e, al suo interno, uno sciame d’api e del miele.
Quando ci fu la festa di matrimonio, nel bel mezzo del banchetto, Sansone disse agli amici della moglie: <<lo vi proporrò ora un enigma: e se pur voi me lo dichiarate infra i sette giorni del convito, e lo rinvete, io vi darò trenta panni lini, e trenta mute di veste. Ma se voi non potete dichiararmelo, mi darete trenta panni lini e trenta mute di veste».
I filistei acconsentirono e Sansone propose allora l’indovinello: <<Di colui che divorava e uscito il cibo, e del forte é uscita della dolcezza».
Non riuscendo a trovare la soluzione, i filistei andarono dalla moglie di Sansone e la minacciarono di cose tremende se non avesse rivelato loro ciò che volevano sapere. La donna allora riuscì a farsi dire dal marito la soluzione dell’indovinello e la riferì ai Filistei.
Costoro, il giorno stabilito, andarono da Sansone e dissero; <<Che cosa e più dolce che il miele? E chi é più forte che il leone?»
Ed egli disse loro: <<Se voi non aveste arato con la mia giovenca, non avreste rinvenuto il mio enigma».
Sansone inferocito scese in Ascalon, dove uccise trenta uomini di quella gente poi, prese le loro spoglie, diede le mute di veste a coloro che avevano risolto l‘indovinello, indi se ne torno dai propri genitori e cedette la moglie al suo più intimo amico.
Ci sarebbe poi molto altro da dire ma per il momento chiudo qui. Ma se siete interessati a ulteriori info, non avete che da chiedere.